Sappiamo che il nome “Nino” è così chiamato per il riscaldamento superficiale dell’Oceano Pacifico, che determina il crollo della pesca lungo le coste del Perù e dell’Ecuador, interviene attorno a Natale, l’epoca del “Bambino Gesù”.
Anche quest’anno non sembra fare eccezione, in quanto è proprio attorno al mese di Dicembre che si verificherà il massimo di questo episodio iniziatosi un po’ in sordina nel mese Maggio, ma che sta continuamente rinforzandosi.
Le previsioni di diversi centri di calcolo indicano che l’episodio in questione potrebbe avere caratteristiche non molto inferiori al grande episodio di Nino del 1998, come indicato anche dal grafico in allegato.
La media dei vari modelli matematici oceanici porterebbe ad uno scarto termico positivo medio, dell’area equatoriale pacifica, fissato attorno ai +2,5°C nel mese di Dicembre, ma l’incremento potrebbe essere anche maggiore.
Considerando l’aera di Nino 3.4, ovverosia quella estesa tra 120 e 170°W di Longitudine, e tra 5° N e 5° S di Latitudine, le previsioni del modello matematico CFS, piuttosto attendibile a livello oceanico, annuncerebbe una massima anomalia termica delle acque oceaniche di +2,5°C, attorno a Gennaio, ma anche qui con possibili sconfinamenti verso l’alto delle isoterme.
Osservando l’andamento storico della regione in questione (la Nino 3.4), notiamo che isoterme simili si sono avute solo nel periodo compreso tra Ottobre 1997 e Gennaio 1998, quando la media mensile è stata sempre compresa tra +2,3° e +2,5°C, in linea proprio con le indicazioni del modello CFS, mentre i modelli in forza alla NASA darebbero valori solo lievemente inferiori.
Dalla modellistica otterremo quindi un episodio di Nino 2009 che sarebbe molto forte, sicuramente il più intenso dal 1998, e forse di entità superiore anche a quello del 1983, ponendosi quindi al secondo posto come potenza da quando questo fenomeno è ufficialmente rilevato a livello sistematico (per lo meno dal 1950).
Sappiamo quali sono le principali conseguenze a scala globale di un Nino così forte: anzitutto il surplus di calore ceduto dall’Oceano all’atmosfera ne innalza notevolmente la temperatura, ed il 1998 è stato l’anno più caldo mai rilevato (almeno stando ai dati dei sensori satellitari in bassa atmosfera).
Sappiamo con sicurezza anche gli impatti del fenomeno su alcune aree terrestri.
Durante un Nino intenso, ad esempio, l’inverno appare molto mite sulla parte settentrionale e centrale degli Stati Uniti, mentre si presenta più freddo del normale nella parte sud orientale, ed in quella meridionale, fino a raffreddare notevolmente anche il Messico, mentre, al contrario, Canada ed Alaska presentano solitamente un inverno mitissimo.
Ma gli effetti a scala globale non finiscono qui.
Il trimestre Dicembre – Febbraio si presenta infatti molto umido anche su Ecuador e Perù, sul Brasile meridionale, e sull’Africa centro orientale.
Si presenta invece caldo ed asciutto sull’Africa meridionale, sull’Indonesia, su Cina, India, Pakistan, sul Giappone e sull’Australia.
Invece il trimestre Giugno – Agosto si presenta caldo ed asciutto su India, Indonesia, Australia, Oceania e Nuova Zelanda, e su tutta l’America Centrale e Meridionale.
Queste sono le correlazioni sicure del Nino a scala globale, limitate per lo più all’area interoceanica, ed all’America Settentrionale, il cui tempo dipende dall’Oceano Pacifico.
Più dubbie sono le conseguenze, invece, a scala europea.
Sta di fatto che il 1998 in Italia fu un anno caldissimo, +1,4°C, l’anno più caldo mai misurato dal 1800 fino ad allora, e superato di poco solamente da anni più recenti, quale il celebre 2003, che ebbe uno scarto di +1,56°C.
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