Nell’ultimo mese si è tanto parlato dell’eruzione del vulcano Bardarbunga, remore dell’eruzione dell’Eyjafjöll, sempre in Islanda, che nel 2010 per effetto delle nubi di cenere, determinò a scopi precauzionali la sospensione del traffico aereo in buona parte dell’Europa.
L’eruzione del vulcano Eyjafjöll non ebbe effetti tangibili sul clima.
L’Islanda è un territorio costellato di circa 150 vulcani. La popolazione islandese convive con i vulcani da sempre. La pericolosità dei vulcani islandesi è nota.
Nel 1104, la grande eruzione del vulcano Hekla interessò la valle islandese più popolosa, che fu abbandonata. Non sappiamo se si ebbero influenze sul clima.
Il vulcano Katla nel 1783 dette un colpo di grazia alla popolazione isolana: l’eruzione durò per ben 8 mesi ed si ebbero conseguenze rilevanti sul clima europeo e italiano.
Ma l’Inverno 1783/84 fu gelido e molto nevoso, tanto che nella Pianura Padana orientale (generalmente poco nevosa) caddero quasi 2 metri di neve. Nevicate straordinarie interessarono un po’ tutta l’Italia.
Quell’inverno fu tremendo, uno dei più duri che si ricordino in Europa.
I cambiamenti climatici dell’eruzione islandese durarono vari anni, tanto che i 6 anni che vanno dal 1784 al 1789 sono stati tra i più nevosi e freddi della storia in Europa e nel Nord America.
La più intensa eruzione vulcanica degli ultimi mille anni si è verificata nel 1815, quando esplose il vulcano Tambora in Indonesia.
Gli anni seguenti furono segnati dalle carestie. Il 1816 sarà ricordato come “l’anno senza estate” nell’emisfero settentrionale, perché nei mesi estivi sia in Europa che nell’America del nord si verificarono alluvioni e le temperature furono così basse e le precipitazioni talmente abbondanti, che in vaste zone il grano non maturò causando gravi carestie.
Nell’anno senza estate si ebbero ondate di gelo tardivo, con nevicate estive nel nord Nord Europa, ma sopratutto nel Nord America, dove a più fasi, in piena estate nevicò sino alle nostre latitudini.
L’eruzione del 1980 del St. Helens, uno stratovulcano situato nello Stato di Washington, negli Stati Uniti, fu una delle maggiori del XX secolo (ma 100 volte inferiore a quella del Tambora).
Per oltre un anno fu osservata dai satelliti e a terra, la presenza di pulviscolo atmosferico. I cambiamenti climatici furono limitati al Nord America. Anche l’eruzione del Pinatubo non ebbe conseguenze misurabili sul clima.
Secondo vari climatologi (varie fonti), i vulcani islandesi sono potenzialmente pericolosi, non soltanto per le popolazioni locali, ma vista la loro relativa vicinanza, sopratutto per l’influenza che possono determinare sul clima del nostro Emisfero, ma sopratutto per l’Europa per l’effetto diretto delle correnti predominanti.
Il nostro Pianeta, nella storia degli ultimi 200.000 anni ha sperimentato eruzioni vulcaniche che hanno pesantemente influenzato il clima terrestre.
Il vulcano Bardarbunga è solo l’ultima delle bombe che si sono innescate in Islanda, ed è capace, nel caso di grande eruzione, di influenzare il clima europeo.