Le vicende meteorologiche sulle medie latitudini sono generalmente regolate dal movimento sinuoso ad onde delle correnti occidentali e dal costante equilibrio che viene ricercato dalla Natura per colmare il divario termico fra le diverse zone del Pianeta, in particolare fra i Poli e l’Equatore. Ma vediamo come è scaturita questa imponente fase fredda di questa terza decade di novembre appena trascorsa.
Non è un caso che le prime avvisaglie del raffreddamento sulle zone più settentrionali del Continente siano iniziate in coincidenza del mutamento dell’indice Arctic Oscillation, che misura la differenza di pressione intercorrente fra il Polo e le medie latitudini. A metà mese l’indice AO è precipitato su valori negativi, evidente segnale di manovre anticicloniche che hanno messo ancor più in crisi il Vortice Polare.
L’azione anticiclonica delle alte latitudini è partita dal Nord Atlantico e dalla Groenlandia: le possibilità di genesi di blocchi anticiclonici in quest’area erano state messe in evidenza con grande anticipo da noi del Meteo Giornale. La nascita di configurazioni bariche di blocco può infatti facilmente derivare dalle anomalie delle acque superficiali degli oceani, le quali hanno un ruolo davvero fondamentale sull’andamento del clima dell’intero Pianeta.
Sulla zona groenlandese si concentrano infatti le acque più calde della zona nord-atlantica, facente riferimento alla situazione più generale di AMO+ che si protrae da diversi anni. Le variazioni nel pattern delle SST del Nord Atlantico non sono direttamente la causa ma contribuiscono all’attuale blocco. Le acque relativamente più calde sul nord Atlantico tendono infatti ad inibire parzialmente la corrente a getto in uscita, contribuendo così al rafforzamento di una zona di alte pressioni tra Islanda e Groenlandia, la quale ha poi fatto discendere una colata gelida verso il cuore dell’Europa.