Correva l’anno 1816 e d’estate neppure l’ombra. Passò alla storia come “l’anno senza estate”, un trimestre segnato da pesanti anomalie climatiche che causarono ingentissimi danni in molte zone dell’Emisfero Boreale. Negli Stati Uniti vi furono nevicate a giugno, in Canada il ghiaccio rimase sino ad agosto. In Europa strariparono i fiumi, nel nord l’agricoltura fu messa in ginocchio dal gelo e in alcune zone cadde la neve “rossa”. Autorevoli studi concordano nell’attribuire quella “gelida” estate a precedenti eruzioni, la più imponente delle quali coinvolse il vulcano indonesiano Tambora.
Prendetela come una premessa “provocatoria”, ben lungi da noi paragonare quegli accadimenti agli attuali. Tuttavia, dovendo raffrontare il clima di quegli anni col XXI° Secolo, potremmo affermare senza alcun dubbio che la facilità con cui si manifestano talune anomalie è più frequente. Che sia colpa del riscaldamento globale, non ci piove. Che la colpa del riscaldamento sia dell’uomo è un fatto assodato. Ci vediamo costretti ad affrontare certi argomenti perché quest’anno sembra proprio che l’inverno non ne voglia sapere. Siamo stati catapultati all’interno di un autunno infinito ed anche se sulle Alpi sono caduti metri di neve, non si può certo affermare che sia stato per mano dell’inverno.
Anni or sono ci lamentavamo dell’assenza dell’Atlantico. La Depressione d’Islanda era sparita senza apparente motivo. Ci si lamentava dell’assenza di piogge e in tanti gridavano alla progressiva desertificazione del Mediterraneo. Quel termine fu usato e abusato, perché i profani tendevano ad associarlo idealmente con l’ambiente desertico. Ma così non è. Magari un giorno capiterà di scrivere un approfondimento in merito, in questa sede ci preme rimarcare come anche il disperso Atlantico sia tornato in auge più vispo che mai.
I “freddofili”, ed anche i meteo-appassionati, guardano con impazienza ai prossimi giorni. Si spera che l’anticipo primaverile che ci sta investendo, assolutamente inadeguato, possa condurci verso un salvagente invernale in extremis. Forse una piccola speranza c’è ancora, ma perché possa definirsi tale dovrebbe necessariamente realizzarsi entro le prossime 2 settimane. Dovesse accadere più in là, saremo costretti ad annoverare eventuali sfuriate fredde tra i più “classici colpi di coda” marzolini. Sarà lecito parlare di avvio primaverile “freddo”, questo senz’altro, ma a qual punto il 2013-2014 verrà ricordato come l’anno “senza inverno”.