L’area geografica che in Italia ha subito il maggior cambiamento climatico è quella nord occidentale, ovvero dalla Lombardia centrale e Valtellina verso occidente, che comprende tutto il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Liguria.
In questa vasta area si nota un sensibile cambiamento climatico, con una diminuzione decisa delle giornate di pioggia e di quelle con cielo nuvoloso. Cala il tasso di umidità, cresce l’evaporazione; in montagna si nota una maggiore irregolarità delle nevicate invernali, con danni economici agli operatori del settore.
La diminuzione dei giorni di pioggia non è proporzionale a quella della quantità di pioggia che cade, specie in Val Padana, mentre si osserva un generale calo della pioggia accumulata nei 12 mesi dell’anno, specie in quelle zone ad altissima piovosità.
Piove con maggiore intensità che nel passato, ed in tempi ristretti: queste sono piogge poco benefiche per l’agricoltura, per i corsi d’acqua, per le falde acquifere.
Meno pioggia, aumento della temperatura: in questa area d’Italia si rileva un generale incremento della temperatura, specie nelle regioni a clima continentale. Si farà caso che ad ogni folata di vento caldo da sud, le temperature impennano verso i valori più elevati che di solito si toccavano nel corso dell’anno, mentre da qualche tempo, si ottengono come se fossero nella norma.
Cresce il rischio di ondate di caldo record più che in ogni altra parte d’Italia. Anche gli inverni sono divenuti sensibilmente più miti, così che una normale giornata fredda diventa eccezionale, come un evento di altri climi, ma prima era normale. Eppure Milano e Torino, non erano di certo note per il loro clima salubre e mite tutto l’anno: erano le capitali della nebbia, ma oggi la nebbia è più frequente nelle Valli dell’Italia centrale che qui.
Poi il foehn. Da qualche anno sono cresciuti a dismisura i giorni con venti di caduta dalle Alpi, che come è noto, con la discesa dai monti si riscaldano, ed impediscono il refrigerio dato dai venti da nord, prosciugano l’aria e si ottiene una veloce evaporazione dell’acqua.
Queste zone d’Italia sono notoriamente ricche d’acqua, lo si evince dalla vegetazione, dalla presenza diffusa di colture.
I corsi d’acqua sono in secca da mesi per le poche piogge, scarse perché cadute in brevi periodi, seguite da periodi soleggiati e asciutti, scarse perché è piovuto anche ben oltre meno del 50% di quanto dovrebbe piovere in sette mesi.
Non vorrei che le considerazioni di questo articolo ritagliassero una situazione allarmante, ma si deve parlare di questo grande pezzo d’Italia che patisce più di altri il cambiamento del clima.
E si imputano cause concatenate al Global Warming, ed in effetti, tutti gli studi svolti da 20/25 anni ad oggi, hanno sempre messo in evidenza, che il clima cambierà non per tutti nella stessa misura: alcuni trarranno benefici, altri danni.
E’ impossibile non riconoscere che c’è qualcosa di diversi sulla circolazione generale dell’atmosfera che ha danneggiato il clima di questa sezione d’Italia:
il settore nord occidentale italiano, si estende racchiuso dalla catena alpina su due lati, su uno dall’Appennino, mentre è aperto ad est verso la rimanente Val Padana.
La diminuzione del numero di perturbazioni atlantiche ha ridotto sensibilmente le occasioni di pioggia, così anche quelle di condizioni di diffuso maltempo derivante da situazioni di blocco, che richiamavano venti umidi verso questa regione, che liberavano ingenti piogge da stau per la presenza di montagne.
Piove meno specie nelle regioni sensibili alla precipitazioni da stau, dove non si potrà di certo sperare in un ritorno alla norma dai temporali estivi.
Lo scenario delle correnti su scala europea, vede il prevalere di venti settentrionali verso l’Italia e questo favorisce tempo in prevalenza secco sull’Italia di nord ovest.
Il maggiore cambiamento del tempo, investe specialmente le zone pedemontane: dalla Valtellina alle valli piemontesi, ma anche la Valle d’Aosta.
Eppure basterebbe il ritorno delle correnti atlantiche per togliere parte del cambiamento del clima.