Non si può iniziare un editoriale di questo tipo prescindendo da un elemento essenziale: il cambiamento climatico al quale stiamo assistendo da un paio di anni a questa parte. Non che prima non fossero stati lanciati allarmi più o meno giustificati, ma gli effetti, specie sulla nostra Penisola, iniziano a manifestarsi solo da qualche anno. Agli occhi di tutti.
Si passa dalla siccità che attanaglia regioni dove la pioggia non rappresentava un problema (vedi Nordovest) ad eventi alluvionali in zone note solitamente per il sole ed il bel tempo (vedi dicembre 2004-Sardegna). Passando per un ritiro preoccupante dei ghiacciai Alpini a favore di epiche nevicate lungo la catena Appenninica. Innegabile quindi che qualcosa, a livello di circolazione atmosferica su grande scala, stia inevitabilmente cambiando. Ripetiamo ancora come non ci sia dato sapere, ad oggi, se si tratta di semplici cicli climatici o se l’opera distruttiva dell’uomo stia degenerando in profonde modifiche della natura. Che, ricordiamolo, tende sempre a riequilibrare ogni disturbo. Anche con manifestazioni violente.
Ma permettetemi una piccola polemica, che da tanti sarà certamente condivisa. La meteorologia meriterebbe sicuramente uno spazio maggiore di quello che abitualmente le viene concesso da tutti i principali organi mediatici. E sinceramente da fastidio sentire poi proclami di allarme solo quando accade qualcosa che scuote necessariamente il cieco torpore climatico.
Quel che forse in molti hanno capito è che, come abbiamo già ricordato, la circolazione atmosferica ha subito profonde modifiche. Quello che prima era un motore indispensabile nella termoregolazione del tempo nel Mediterraneo, l’Oceano Atlantico, oggi è relegato a ruolo di comprimario. Siamo sempre più soggetti a scambi termici in senso meridiano, con grandi masse d’aria calda e fredda che viaggiano da Nord verso Sud e viceversa. E ciò non può far altro che acuire quei contrasti termici derivanti dallo scontro tra masse d’aria cosi differenti, che poi si traducono in manifestazioni meteorologiche particolarmente violente.
Ma forse è giunto il momento di porre maggiore attenzione verso questi fenomeni. Magari sensibilizzando l’opinione pubblica affinché ci si renda conto che esistono strumenti per prevenire certe catastrofi naturali. Da tutti quei mezzi di pianificazione del territorio per un uso corretto e sostenibile della risorsa suolo (onde evitare o almeno limitare il rischio idrogeologico) all’investimento per la ricerca ed il progresso tecnologico in materie come appunto la meteorologia e la climatologia. Sperando di aver fatto cosa gradita, rimandiamo la palla a chi potrebbe rendere queste poche e semplici parole qualcosa di veramente importante.