Dov’è finita l’alta pressione? Di fronte alla prepotenza dell’Atlantico il campo d’alta pressione si è dovuto ritirare in fretta e furia verso ovest ed ora risulta in grado di limitare in modo netto gli effetti dell’espansione perturbata atlantica solamente sulla Penisola Iberica. Una vastissima area ciclonica ingloba così quasi tutto il Continente Europeo, alimentata dalle iniezioni di masse d’aria decisamente fredde d’estrazione artica-groenlandese. La scia di correnti fredde risulta ben evidente, con un fiume che discende dall’Islanda verso il Regno Unito per poi irrompere su parte delle zone centro-occidentali dell’Europa.
Instabilità molto marcata è collegata al fluire massiccio dell’aria più fredda in quota, che ha colpito più direttamente le Isole Britanniche comportando la caduta di rovesci di neve fino a bassa quota soprattutto sulla Scozia e sul nord dell’Irlanda. Parte di quest’aria fredda si è andata ad addossare sull’Arco Alpino, mentre più a sud prevale l’apporto di correnti molto più miti di provenienza sud/occidentale, che hanno influenzato in modo netto il meteo sull’Italia, prima di cedere il testimone all’aria più fredda che preme da nord/ovest.
La genesi di un minimo barico, sottovento alle Alpi, ha esaltato gli intensi venti di Libeccio, capaci di raggiungere raffiche molto violente su creste e pendii dei rilievi appenninici. Il flusso d’aria umida ha influito in modo più diretto sull’andamento meteorologico del versante tirrenico e della Sardegna, ove la nuvolosità compatta ha generato precipitazioni sparse ed intermittenti, più consistenti a ridosso dei rilievi. Sostanzialmente saltato dal passaggio perturbato il Nord Italia, con fenomeni nevosi solo sulle Alpi di confine: un cambiamento meteo notevole si è comunque fatto strada su parte della Val Padana centro-occidentale, attraverso le correnti di foehn che hanno gradualmente spazzato nebbie ed inquinanti che indugiavano ininterrottamente da settimane.