E’ ormai risaputo che il meteorologo “moderno” si avvalga sempre più in modo considerevole dell’apporto fornitogli dai modelli fisico-matematici. I limiti del modello sono dunque i limiti di una previsione? Almeno in parte si, un meteorologo attento deve saper “ascoltare le sentenze” emesse dai grossi centri di calcolo, adattandole semmai, sulla base delle proprie conoscenze, alla zona geografica oggetto di previsione.
Una delle principali lacune dei modelli fisico-matematici attualmente in uso è la scarsa capacità di prevedere l’evoluzione del “tempo atmosferico” nelle regioni poste sottovento ai grandi sistemi montuosi. Questo è almeno uno dei motivi che rendono le previsioni meteorologiche per l’Italia particolarmente difficili. Si aggiunga inoltre l’influenza del “mite” mediterraneo in grado di stravolgere talvolta i risultati delle elaborazioni dei grossi centri di calcolo o generare comunque effetti non prevedibili anche dal più “sapiente” dei modelli. In questa sede cercherò di spiegare il ruolo e l’influenza della catena Alpina nell’elaborazione dei modelli più conosciuti.
Per dar luogo alle difficili “simulazioni” delle interazioni tra le masse d’aria e le Alpi gli organismi a capo dei modelli di previsione hanno dovuto fin dagli inizi schematizzare l’altezza delle Alpi stesse facendo un lavoro di omogeneizzazione. Si pensi al centro di Reading (modello ECMWF) che inizialmente immaginava le Alpi a un’altezza non superiore ai 200 mt.
Allora era impossibile riconoscere alla catena Alpina altezze maggiori che avrebbero sicuramente determinato delle variabili di calcolo troppo difficili da risolvere con gli strumenti informatici di cui si disponeva. L’evoluzione tecnologica avutasi nel settore informatico ha permesso di tarare più correttamente i modelli di previsione. Ad esempio il modello ECMWF vede le Alpi oggi a un’altezza media che oscilla tra i 2000 e i 2500 mt. mentre la pianura padana è vista a un’altitudine media di 300 mt.
Queste “necessarie approssimazioni” tolgono ogni dubbio, i modelli fisico-matematici trovano nel territorio italiano grosse difficoltà di previsione e rendono il ruolo del meteorologo particolarmente complesso. Si aggiungano inoltre i rilievi Appenninici, in grado di generare le stesse problematiche, sebbene con specifiche diverse, della catena Alpina.
Sottostimare l’altezza dei rilievi alpini e in generale di tutti i rilievi montuosi ha, dal punto di vista dell’elaborazione dei modelli, un altro importante effetto. Di frequente ci si domanda il motivo per cui i modelli fisico-matematici tendano a sopravalutare il più delle volte la portata delle irruzioni fredde previste nel territorio italiano. Capita infatti e anche spesso, soprattutto nei modelli “di produzione americana”, che gli stessi accentuino il freddo, talvolta grossolanamente, illudendo così i tanti appassionati del clima invernale rigido.
Non è affatto sbagliato sostenere che le difficoltà di previsione per il nostro “bel paese” sono di gran lunga superiori tanto per fare un esempio agli Stati uniti d’America. Sottostimare l’altitudine di barriere montuose rilevanti come quella Alpina può generare errori nel prevedere che ad esempio, un’irruzione artica o siberiana possa “scavalcare” con facilità le stesse montagne Alpine. Il modello vede in sostanza una situazione semplificata.
E cosi le talvolta fin troppo gelide irruzioni da est o da nord che i modelli vedono riversarsi tranquillamente nel mediterraneo, sono il più delle volte sopravalutate nella portata e negli effetti a causa di una sottostima dell’altezza delle “barriere” montuose.
Naturalmente il discorso fatto vuole essere una semplificazione di ciò che può accadere a causa delle difficoltà accennate di trattare i rilievi montuosi in modo corretto assegnandoli la giusta altezza. Ma fortunatamente non sempre i modelli sbagliano, anzi alcuni di loro col passare del tempo diventano sempre più precisi. Ripeto, è compito del buon meteorologo “correggere il tiro” a seconda delle circostanze, personalizzando la previsione.
Soltanto per il futuro è ipotizzabile che, la realizzazione di centri di elaborazione informatica sempre più potenti e sofisticati riescano a dar luogo a modelli sempre più precisi. Le Alpi si ritroverebbero ad avere l’altezza originaria e la pianura padana non verrebbe più ipotizzata come una collina.