La scienza atmosferica, come quella oceanografica, è regolata, nella sua esposizione, da due fondamentali regole: “il vero ed il presunto”.
Il vero, quindi il riproducibile tramite leggi fisiche, è ciò che non ha bisogno di particolari conferme; quindi viene descritto come “situazione consolidata”.
Il presunto, o punto del supporre, è invece imputabile ad una non certa classificazione dei casi, ma ad una relativa esposizione degli stessi attraverso la ricerca scientifica.
Quindi il ricercatore , attraverso una minuziosa analisi, “suppone” poi trae le sue logiche conclusioni che traduce con l’impiego di leggi fisiche e matematiche.
I dati che ci sono giunti e che riguardano “ultradecennali” anni di studi ed osservazioni da parte di climatologi ed oceanografici , se considerati globalmente, hanno portato un risultato quantomeno impensabile prima.
Vi è una forte relazione tra le marcate variazioni delle temperature oceaniche del Pacifico settentrionale ed i regimi climatici del nostro Emisfero.
Questo non vuol assolutamente significare che il clima del nord America è rapportabile a quello dell’Europa, ma sussistono delle forte relazioni di interscambio.
L’umidità e la relativa temperatura terrestre sono direttamente dipendenti, quindi variabili in larga scala, dalle correnti oceaniche.
Alla fine degli anni 50 gli stessi studiosi degli oceani e del clima acquisirono maggiore consapevolezza circa la crescente importanza riferita all’interazione tra mare ed atmosfera.. Proprio in quel periodo nell’oceano Pacifico v’era in essere un generale e diffuso riscaldamento delle acque nella su parte più settentrionale. Molte delle correnti oceaniche si erano affievolite in combinazione ad un repentino mutamento del loro corso; di contro ed in concomitanza anche la circolazione atmosferica era mutata; di conseguenza anche la distribuzione geografica di alcune specie biologiche.
L’acqua relativamente “tiepida” che entrava nel Pacifico settentrionale aveva consentito ad alcune forme di vita marine di raggiungere addirittura l’Alaska. Proprio in questo periodo osservato, quindi presunto, questa enorme intrusione di correnti calde in un Oceano freddo, avrebbe prodotto, in seguito, un nuovo disegno delle correnti a getto, deviandole verso nord.
Per una sorta incontrollabile di reazioni a questo riscaldamento, sarebbe conseguita una disposizione delle Js a nord del Pacifico orientale sino ad una loro relativa inclinazione verso l’America settentrionale. Ne conseguì una repentina discesa dei venti gelidi, di provenienza polare – artica, verso le coste occidentali dell’America settentrionale.
Una ondulazione molto ampia dei getti che, tramite le oscillazione (NAO) si presentò sull’Europa centro occidentale con improvvise e lunghe situazione di “Atlantic Blocking” (blocco della zonalità atlantica).
L’America in effetti ebbe degli inverni freddissimi che perdurarono sino ai primi inizi degli anni ’70; mentre l’Europa, marginalmente, ne subì le conseguenze attraverso ondate di gelo diffuse e abbondanti nevicate.
La situazione attualmente in osservazione, pare riproporre tale nuovo riscaldamento nella parte più settentrionale dell’Oceano Pacifico .Gli effetti non saranno immediati, ma nel giro, di 3/7 anni, si potrebbe riprodurre una situazione analoga. Forse anche prima, poiché questo riscaldamento, seppur non marcatissimo, ha avuto inizio dal 1993.
Torniamo sempre ad un punto d’origine, ove ogni osservazione “presunta”, attraverso una capillare ricostruzione ed osservazione, può tradursi in osservazione (manifestazione di un fenomeno) che potrebbe consolidarsi, quindi essere ritenuta come reale.
Piccoli, quindi non in larga scala temporale, ma significativi cambiamenti climatici.