Il periodo dell’anno compreso fra il 1° giugno ed il 30 novembre è quello nel quale, per convenzione, viene compresa la stagione degli uragani nella porzione tropicale dell’Atlantico. In questo 2011 la prima tempesta, Arlene, si è sviluppata il 29 giugno nel Golfo del Messico e ha colpito il Veracruz, uccidendo 25 persone. Nessuno dei primi otto cicloni della stagione ha raggiunto la forza per essere considerato un uragano: questo non era mai accaduto dall’inizio delle rilevazioni del 1851. Questo primato è terminato quando, il 20 agosto 2011, si è formato l’uragano Irene, dalle potenzialità disastrose che aveva fatto temere conseguenze nefaste per gli USA.
Il picco di attività climatologico si raggiunge in genere attorno al 10-15 settembre, quindi proprio in questo periodo. Le perturbazioni tropicali che raggiungono l’intensità di tempesta tropicale hanno l’attribuzione di un nome secondo una lista predeterminata. In media si verificano 10,1 tempeste che raggiungono questa intensità; di queste, in media 5,9 diventano uragani e solo 2,5 diventano uragani maggiori (categoria 3 o superiore). A seguito della formazione dell’ultimo sistema tropicale in Atlantico, denominato Nate, siamo giunti a ben 14 sistemi tropicali, quindi un numero fin d’ora già superiore alla norma.
Questa vivacità estrema dei sistemi tropicali atlantici ha avuto un riflesso indubbiamente importante anche per quel che concerne l’Europa: alcuni di questi uragani, una volta agganciati dal flusso delle westerlies, si sono infatti messi rapidamente in moto verso il Vecchio Continente, giungendo di certo attenuati ma capaci di portare la loro potenza di certo superiore a quella delle perturbazioni che si susseguono in genere sul contesto europeo. E’ accaduto ad Irene, ma più di recente i resti di Katia hanno fatto molto parlare con la super tempesta che ha afflitto il Regno Unito ed altre zone nord-europee.
ESTATE CHE SEMBRA NON FINIRE MAI Tutti questi rifornimenti di sistemi tropicali hanno dato manforte non poco al flusso atlantico verso l’Europa, che ha raggiunto una notevole accelerazione. Quando le correnti atlantiche vanno a mille, non si hanno di certo in questo periodo quelle ondulazioni capaci di far affondare i sistemi perturbati in direzione del Mediterraneo: un’attività così feroce dell’Atlantico, con profondi perni di bassa pressione, si muove anzi a braccetto con l’anticiclone delle latitudini sub-tropicali ed azzorriana, libero così di distendersi e gonfiarsi proprio alle nostre latitudini.
Questo è quindi quel che è accaduto nelle ultime settimane, con il bel tempo ed una fase estiva praticamente senza sosta: una tale insistenza dell’anticiclone sul Mediterraneo non ha trovato un fattore congeniale solo nella posizione elevata della linea di interconvergenza tropicale sull’Africa, ma anche nell’intensa attività della circolazione perturbata atlantica, proprio grazie a quei sistemi “ex tropicali” giunti sul Nord Europa. Ora l’anticiclone è atteso al varco e andrà in crisi a partire dal week-end, ma rischia di trattarsi solo di una pausa: insomma, fino a quando ci saranno le condizioni termiche ideali alla formazione di uragani nei Caraibi o nei pressi di Capo Verde, non dovremo quindi sorprenderci di ulteriori insistenze di campi anticiclonici sul Mediterraneo in questo primo scorcio autunnale.