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Trivelle al Polo

di Francesco Aliprandi
03 Giu 2009 - 07:52
in Senza categoria
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trivelle al polo 15252 1 1 - Trivelle al Polo
Con una cadenza ormai regolare si leggono sulla stampa articoli che prospettano la possibilità di estrarre combustibili fossili – petrolio e gas naturale – al Polo Nord; in effetti la tendenza alla riduzione dell’estensione dei ghiacci perenni mostrata negli ultimi anni, che potrebbe condurre ad un eventuale scioglimento completo anche se solo nel periodo estivo, viene spesso indicata come una condizione in grado di favorire l’industria estrattiva.
Recentemente è stato pubblicato sulla rivista “Science” uno studio riguardante le stime di idrocarburi che potrebbero trovarsi sotto il territorio artico; vale la pena analizzarlo con un certo dettaglio per cercare di stabilire quali possano essere i reali sviluppi futuri e l’impatto sulla produzione globale.

Del 6% della superficie terrestre che rappresenta il circolo polare artico, circa un terzo è emerso, un altro terzo è costituito da piattaforma continentale con profondità inferiore ai 500 m e il restante è in acque profonde; diverse regioni su terraferma sono già state esplorate, ad esempio il nord dell’Alaska e la zona ovest del bacino siberiano. Le prospezioni eseguite in acque poco profonde invece sono state finora limitate da difficoltà tecniche e dalla distanza, ma si ritiene che quella zona rappresenti il maggiore potenziale per l’individuazione di giacimenti.
L’articolo prende spunto da un’indagine eseguita dall’USGS (United States Geological Survey), integrata con dati forniti da analoghi enti di altri stati e da geologi petroliferi, per arrivare ad una classificazione del terreno suddiviso in zone omogenee; basandosi poi sulle scoperte avvenute in altre parti del mondo con caratteristiche affini è stata valutata la consistenza delle riserve di petrolio e gas nell’Artico con un modello probabilistico.

I risultati indicano che al Polo Nord si troverebbero dai 44 ai 157 miliardi di barili di petrolio, con probabilità via via decrescenti – dalla quasi certezza fino ad arrivare ad una possibilità su 20; come confronto si tenga presente che le attuali riserve mondiali accertate si aggirano sui 1200 miliardi di barili, e se ne consumano circa 30 all’anno. Per quanto riguarda il gas naturale si parla di riserve che potrebbero bastare da un minimo di 7 anni nell’ipotesi più pessimista ad un massimo di 30, sempre ai consumi attuali.
Il tempo condizionale però è d’obbligo più che mai in queste circostanze.

Per iniziare, le stime si basano su un modello statistico, e per stessa ammissione degli autori le conoscenze geologiche in molte zone sono inadeguate: questo significa che non c’è in effetti alcuna certezza di trovare i giacimenti. Inoltre, anche ammettendo che esistano in quantità interessanti, bisogna cercarli con campagne di esplorazione estremamente disagevoli viste le condizioni climatiche.
Ai problemi di tipo tecnico dovuti alle bassissime temperature si sommano poi considerazioni di tipo economico: se la sola esplorazione è già molto cara, bisogna poi aggiungere l’estrazione e il successivo trasporto fino a destinazioni di terraferma, tramite oleodotti o gasdotti di rilevante lunghezza oppure unità mobili. Per questi motivi il petrolio del Polo arriverà eventualmente sul mercato solo in funzione del prezzo del barile e dei miglioramenti tecnologici futuri. A questo riguardo può essere interessante ricordare che il giacimento di gas naturale di Shtokman – nel mare di Barents in territorio russo – è stato scoperto nel 1988 ma non è ancora entrato in produzione, nonostante rappresenti da solo oltre il 10% delle riserve del paese e gli acquirenti non manchino.

Indipendentemente da quello che sarà il fato dei ghiacci polari nei prossimi anni, l’entità delle riserve energetiche che potrebbero celare rappresenta un piccolo contributo al fabbisogno mondiale. Forse il fatto che se ne parli con tanta frequenza e con toni ottimistici – anche in assenza di riscontri reali – sta a indicare che mancano serie alternative in zone climaticamente meno estreme. Stiamo arrivando al fondo del barile?

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