L’autunno dell’anno scorso è stato caratterizzato da forti eventi perturbati che hanno a più riprese flagellato diverse zone dell’Isola. L’episodio più significativo è proprio quello avvenuto nel primo giorno del mese d’ottobre, quando un’intensa perturbazione ha generato un’alluvione lampo su una ristretta area del messinese, dove si è abbattuta una colossale precipitazione in un breve lasso di tempo.
La bomba d’acqua è stata innescata da un vortice ciclonico mediterraneo giunto dalle Baleari che, supportato dalla risalita d’aria caldo-umida fortemente instabile di provenienza nord-africana, è degenerato in vero e proprio ciclone mediterraneo, denominato tecnicamente TLC (Tropical Like Cyclones). Si tratta di un sistema ciclonico del tutto simile quelli delle zone tropicali, con l’occhio piuttosto evidente attorno a cui ruotano le nubi. Pur essendo molto meno intensi degli uragani tropicali, anche i TLC sono originati dall’eccesso d’energia termica accumulata sopra il mare (lo Stretto di Sicilia ed il Mar Ionio presentavano ancora temperature superficiali attorno ai 25 gradi).
L’evento topico si verificato sul messinese, dove un disastroso nubifragio killer, scatenatosi per l’azione di un nucleo temporalesco autorigenerante, si è abbattuto nella serata del 1° ottobre. Frane e crolli si sono riversate nelle colline intorno alla città e in particolare a Giampilieri Superiore, una frazione a circa 20 chilometri dal capoluogo, rimasta isolata per diversi giorni. Qui si è concentrato il maggiore numero di vittime, il cui bilancio finale, tra morti accertati e dispersi, salì a ben 35 unità.
Il nubifragio ha colpito con intensità d’alluvione lampo solo in una zona ristretta e pertanto i dati ufficiali di rilevazione meteo (Aeronautica Militare e Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano) non hanno granché aiutano a capire la reale portata del disastro: all’aeroporto di Messina sono caduti 71 millimetri, mentre a Fiumendinisi (valle del Nisi, lato orientale dei Monti Peloritani) si erano misurati, nelle ore dell’alluvione, ben 159,2 mm. Tuttavia, nelle zone effettivamente più colpite (immediato entroterra peloritani) si stima siano caduti ben 300-350 millimetri di pioggia in appena 3-4 ore, responsabili del disastro avvenuto sui piccoli comuni e sulle frazioni attorno a Messina. Maltempo meno rilevante sull’altro versante dello Stretto, in quanto sulla zona di Reggio Calabria sarebbero caduti fra i 40 ed i 60 millimetri di pioggia, a seconda delle diverse zone.
In occasione del maltempo del 1°Ottobre anche altre zone dell’Isola, come il trapanese ed il palermitano, hanno subito la furia dei nubifragi, ma senza causare un disastro così terribile come nel messinese: la furia della natura aveva evidenziato ancora una volta una politica del territorio scellerata. Si ricorda infatti che proprio Giampilieri era stata vittima di un’altra alluvione il 25 ottobre 2007, quando un’enorme colata di fango aveva invaso le vie cittadine causando danni per 500 milioni di euro, ma, in quell’occasione, nessuna vittima. A distanza di tempo questi eventi si ripetono, senza che siano fatti realmente interventi massicci sul piano della prevenzione, un male non solo della Sicilia, ma di tutta l’Italia: la vulnerabilità sul piano idrogeologico renderebbe necessario un progetto generale di messa in sicurezza delle aree più a rischio, che non sono poche.