Nella tarda serata di ieri (circa le ventitre nel sud est asiatico) una forte scossa di terremoto ha sconvolto nuovamente le già martoriate zone prospicienti l’isola di Sumatra. I sismologi hanno rilevato una scossa pari al 8.7° della scala Richter con epicentro a sud est rispetto alla scorso 26 Dicembre, vicino l’isola di Nias. In questo articolo valuteremo le correlazioni fra i due eventi calamitosi, il perché essi siano stati così ravvicinati e i motivi per i quali questo evento non ha generato tsunami.
Partiamo dai danni che in questo caso sono stati rilevati solo sulle terre emerse. Infatti l’assenza di tsunami ha impedito le catastrofiche conseguenze che lo scorso sisma ha provocato, e anche se il bilancio di 2000 vittime è molto grave e risuscita nuovamente le solite domande sull’impreparazione di questi paesi a reggere eventi sismici così gravi, esso si può dire molto più blando rispetto a quello di quattro mesi fa. Inoltre, questa volta, gli stati interessati dal terremoto hanno dato subito l’allarme evidenziando, ancora una volta se possibile, che la tragedia dello scorso dicembre avrebbe potuto essere molto meno incisiva se le autorità fossero state tempestive nel dare l’allarme.
Passiamo ora all’analisi geologica di questo ultimo evento. L’epicentro si può definire prossimo a quello dello scorso dicembre, e ciò indica una causalità pressoché medesima a quella scorsa, insomma, si tratta sempre del solito scontro fra placche che provoca questi fenomeni. Possiamo dire di più: esso è quasi certamente figlio dello scorso tsunami, come le innumerevoli scosse di terremoto che hanno flagellato in questi mesi questa sfortunatissima parte del nostro pianeta. Pensiamo infatti, che quando avviene una frattura così forte come quella avvenuta a dicembre, tutta la zona interessata rimane instabile, perché essa deve ritornare a trovare l’equilibrio perduto.
Il nuovo equilibrio viene ritrovato attraverso le cosiddette scosse di assestamento, dunque, anche se quasi paragonabile a quella precedente questa scossa può essere definita come una scossa di assestamento molto più forte del normale.
Passiamo ora a spiegare le motivazioni che hanno impedito un nuovo tsunami. Questo nuovo terremoto ha avuto epicentro nei pressi dello scorso terremoto, ma l’ipocentro, cioè la profondità alla quale il terremoto si è generato, è stato molto più profondo rispetto a quello scorso. Ciò ha permesso all’enorme energia sprigionata dal sisma di essere in parte assorbita dallo strato di roccia sovrastante, e dunque anche se le onde di tsunami ci sono state, esse sono state molto blande e non in grado di generare danni.
In conclusione, la zona martoriata del sudest asiatico, ben difficilmente potrà tornare tranquilla nel giro di poco tempo, e temo che dovrà convivere, come i dirimpettai giapponesi, con questo incubo. Il grande punto interrogativo che ci poniamo è se sarà possibile per questi paesi poveri contrastare in maniera accettabile questi eventi che i Giapponesi, molto più ricchi, riescono ormai a domare o quanto meno a ridurne gli effetti. A tal proposito penso che sia obbligo delle potenze mondiali offrire gli strumenti utili alle popolazioni del sud est asiatico per affrontare un’emergenza che potrebbe diventare nei prossimi anni una peculiarità di quella zona.