ANTICICLONE AFFATICATO Nonostante l’Atlantico tardi ancora a mostrare le unghie, per l’alta pressione il compito di garantire la stabilità si fa sempre più difficile, nonostante tenga duro mantenendo un certo dominio sul comparto mediterraneo centro-occidentale ed in parte anche a nord delle Alpi. Le perturbazioni, legate al vortice anglo-scandinavo, mostrano una piccola tregua e questo ha dato un po’ di ossigeno l’alta pressione, in attesa comunque di un assalto più importante che verrà portato avanti nel week-end.
La fragilità dell’alta pressione appare chiara da quei temporali, che si sono sviluppati con una certa frequenza fra Penisola Iberica e zone pirenaiche: a far la differenza il calore diurno, ma qui scorre un canale di confluenza che separa gli sbuffi d’aria fresca da quella più tiepida sub-tropicale. Nonostante l’intermezzo soleggiato a causa di un temporaneo cuneo stabilizzante, sulla Francia centro-settentrionale e sulla Germania le temperature non si sono alzate più di tanto, proprio per la presenza di un corridoio d’aria fresca atlantica.
L’Italia, al pari della Penisola Iberica e del sud della Francia, risente appieno del flusso d’aria tiepida in seno all’anticiclone: proprio l’alta pressione sta però accusando disturbi crescenti, indebolendosi in quota e favorendo così il maggior proliferare dell’instabilità atmosferica sui monti. Non sono più esposte solo le Alpi, interessate da un rapido transito frontale nella scorsa notte e da successivi temporali da calore attualmente in atto sul comparto occidentali, ma anche l’Appennino: le celle temporalesche, a macchia di leopardo, sono fiorite lungo la dorsale emiliana e sull’entroterra marchigiano, ma anche più a sud fra i settori abruzzesi e molisani. Si è trattato di rovesci abbastanza isolati, incapaci di propagarsi verso le zone pianeggianti, dove al più si sono spinte solo le incudini ghiacciate dei cumulonembi.