Già oltre un mese fa avevamo posto l’attenzione sull’evoluzione del satellite cinese Tiangong-1, ormai fuori controllo dal settembre 2013 e ora atteso precipitare sulla Terra. Non si sa il momento di esatta caduta, ma si sa che questo avverrà nei prossimi giorni o entro poche settimane entro la prima parte d’aprile.
Gli esperti dell’Agenzia Spaziale Europea Esa, in coordinamento con la Protezione Civile, stanno monitorando con attenzione il laboratorio ed è stato calcolato che circa il 20% potrebbe sopravvivere all’impatto con l’atmosfera. I detriti in caduta sulla Terra potrebbero andare a sparpagliarsi in un’area lunga mille chilometri e larga 400.
L’orbita della stazione spaziale alla deriva copre una fascia della Terra che include l’Italia del Centro-Sud sino alla latitudine di Firenze. E’ bene precisare, per evitare inutili allarmismi, che la probabilità che frammenti possano cadere in zone abitate è estremamente bassa, quasi pari a zero.
Il calcolo è presto fatto: la terraferma occupa appena il 20 percento del globo e solo l’1% risulta abitato. Si parla quindi di rischio potenziale, ma non effettivamente reale, anche perché nella storia dello spazio non vi è mai stato alcun ferito o vittime per eventi simili.
Si occupa del rischio anche la “protezione civile italiana” che nel suo sito web pubblica:
Rientro sulla Terra della stazione spaziale cinese Tiangong 1
La stazione spaziale Tiangong 1 è il primo modulo sperimentale cinese ed è stata lanciata nel 2011 dal centro spaziale di Jiuquan nel deserto di Gobi, fino a raggiungere, con un’inclinazione orbitale di 42.78 gradi sull’equatore, un’altezza di apogeo (il punto più distante dalla Terra) di 344 km e una di perigeo (il punto più vicino alla Terra) di 197 km.
Da marzo 2016 ha iniziato una lenta e progressiva discesa sulla Terra che si concluderà in una finestra temporale che si apre il 29 marzo e si chiude il 3 aprile 2018.
pubblicato il 22 marzo 2018
aggiornato alle ore 15 del 23 marzo 2018
Norme di autoprotezione
Ricordiamo che eventi di questo tipo e casi reali di impatto sulla Terra, e in particolare sulla terraferma, sono assai rari. Pertanto non esistono comportamenti di autotutela codificati in ambito internazionale da adottare a fronte di questa tipologia di eventi.
Tuttavia, sulla base delle informazioni attualmente rese disponibili dalla comunità scientifica, è possibile fornire, pur nell’incertezza connessa alla molteplicità delle variabili, alcune indicazioni utili alla popolazione affinché adotti responsabilmente comportamenti di autoprotezione qualora si trovi nei territori potenzialmente esposti all’impatto:
• è poco probabile che i frammenti causino il crollo di edifici, che pertanto sono da considerarsi più sicuri rispetto ai luoghi aperti. Si consiglia, comunque, di stare lontani dalle finestre e porte vetrate;
• i frammenti impattando sui tetti degli edifici potrebbero causare danni, perforando i tetti stessi e i solai sottostanti, così determinando anche pericolo per le persone: pertanto, non disponendo di informazioni precise sulla vulnerabilità delle singole strutture, si può affermare che sono più sicuri i piani più bassi degli edifici;
• all’interno degli edifici i posti strutturalmente più sicuri dove posizionarsi nel corso dell’eventuale impatto sono, per gli edifici in muratura, sotto le volte dei piani inferiori e nei vani delle porte inserite nei muri portanti (quelli più spessi), per gli edifici in cemento armato, in vicinanza delle colonne e, comunque, in vicinanza delle pareti;
• è poco probabile che i frammenti più piccoli siano visibili da terra prima dell’impatto;
• alcuni frammenti di grandi dimensioni potrebbero sopravvivere all’impatto e contenere idrazina. In linea generale, si consiglia a chiunque avvistasse un frammento, senza toccarlo e mantenendosi a un distanza di almeno 20 metri, di segnalarlo immediatamente alle autorità competenti.