Un preoccupante aumento della radiazione solare ultravioletta si è verificato tra il 1979 ed i nostri giorni. Questo effetto è particolarmente presente alle alte latitudini dell’Emisfero Meridionale (quelle nelle quali è presente il ben noto “Buco dell’Ozono”), ma si presenta anche alle latitudini più vicine a noi.
Gli scienziati della NASA, con i sensori satellitari, hanno misurato, ad esempio, un aumento del 6% della radiazione ultravioletta a partire dal 1979, alla latitudine di 32° e mezzo, sia nord che sud (corrispondente all’incirca all’Uruguay nell’Emisfero Sud ed al Texas nell’Emisfero Nord).
Alle alte latitudini sud l’incremento è stato pari al 25-30%, un evento importante che potrebbe avere effetti fisici sugli esseri viventi, mentre è stato di circa il 10% alle medio-alte latitudini settentrionali, e nessuna variazione è stata misurata nei dintorni dell’Equatore.
E’ la prima volta che si hanno misure certe dell’influenza del calo dello strato protettivo dell’ozono atmosferico dovuto alla presenza dei gas contenenti clorofluorocarburi.
Altri dati indicano, per esempio, un incremento del 10% della radiazione ultravioletta sulla città di Buenos Aires, in Argentina, del 9% su quella di Washington DC (a circa 35° Nord di latitudine), e di ben il 20% in Patagonia.
Gli effetti di un aumento della radiazione ultravioletta sulla Terra sono piuttosto complessi. Poiché hanno un effetto chimico sulle molecole, rompendone i legami, possiamo dire che sono generalmente pericolosi per la salute umana.
Gli UV-A, compresi tra frequenze di 320 e 400 nanometri, hanno un effetto positivo, in quanto favoriscono la formazione di vitamina D nel nostro organismo, anche se possono provocare bruciature sulla pelle.
Gli UV-B, con frequenza tra 290 e 320 nanometri, sono invece pericolosi, in quanto possono provocare cancro della pelle ed alterazioni del DNA.
Fortunatamente, il satellite ha anche mostrato, nell’Emisfero Meridionale, un incremento della nuvolosità negli ultimi trent’anni, dovuto al “Global Dimming” (produzione umana di polveri ed aerosol), che ha parzialmente ridotto l’arrivo degli ultravioletti sulla superficie terrestre.
Lo studio ha anche dimostrato, comunque, la tendenza ad una stabilizzazione di questo aumento della radiazione ultravioletta a partire dalla metà degli anni Novanta, una decina d’anni dopo lo stop internazionale all’emissione dei clorofluorocarburi avvenuto nel 1987.