Partiamo dal presupposto che solitamente la neve si origina per contrasto termico: cioè doppio scorrimento di aria più temperata su un preesistente sub strato di aria fredda.
Le più grandi nevicate, svincolate da processi orografici, si sono ottenute sempre da questa origine.
La neve che si forma cadendo da una nube, solitamente alto strato, tra la quota di 2500/4000 mt., nonostante vi siano a tale altitudini delle correnti più umide e temperate (relativamente) si configura nella sua struttura molecolare, la classica stella striata, a temperature sempre nettamente inferiori allo zero.
Nel processo di caduta al suolo, quanto tale meteora inizia la sua fase di fusione incontrando strati più caldi, essa è in grado di assorbire una quantità enorme di calore dalla colonna verticale dell’aria sottostante, innescando un rapido raffreddamento che ne consente la sua conservazione sino al suolo.
Le condizioni “migliori” (ideali) per copiose nevicate si hanno con temperature, al suolo uguali o vicine agli 0°C, perché a tali livelli termici l’aria contiene più vapore, permettendo una rapida aggregazione delle microparticelle ghiacciate (cristalli) che unendosi tra loro riescono a sfuggire, precipitando al suolo, dall’ammasso nuvoloso (acquisizione di maggior peso specifico).
A temperature di origine, molto più fredde, quindi marcatamente inferiori allo zero termico, la neve scende con minor intensità e si configura molecolarmente sotto una forma più allungata e polverosa.Qui la differenza essenziale tra un precipitazione debole ma continua (riferita maggiormente ai paesi nordici o aree continentali fredde) ed una, di chiara impronta “mediterranea”, molto più copiosa ma temporalmente assai più limitata.
La stessa “qualità” delle due diverse precipitazioni, raggiunto il suolo, formano degli accumuli che nel primo caso si evidenziano in breve tempo attraverso degli spessori considerevoli, causa una maggior aggregazione dovuta all’umidità presente nei cristalli, mentre nel secondo caso la precipitazione, non abbondante, segna caratteri di maggior persistenza, ma con accumuli nettamente inferiori.
Si tratta sempre quindi di due diverse forme di manifestazioni nevose.
Quindi è vero sì che l’aria (temperatura), osservazione storica a noi riguardante, tende ad un leggero incremento, addolcimento, antecedente la manifestazione nevosa, ma è inevitabilmente, per quanto detto sopra, che per la sua reale e continua rappresentazione, sia indispensabile che questo aumento termico sia assolutamente contenuto e assorbito, totalmente, dai cristalli ghiacciati nel loro progredire verso il suolo.