I risultati ottenuti sono alquanto interessanti e mostrano come le fulminazioni siano decisamente più frequenti in prossimità dell’Equatore. La maggiore concentrazione è stata registrata in Colombia, Venezuela, Singapore, Malesia e soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo (Africa centrale).
Le tempeste che si abbattono in prossimità dell’equatore sono diverse l’una dall’altra. Ad esempio, in Brasile, a causa dell’elevata temperatura e dell’alta umidità, i temporali sono frequenti e violenti. Ma il numero di fulmini è relativamente piccolo. Nel nord dell’Argentina e negli Stati Uniti centrali i temporali sono meno frequenti, ma i fulmini si abbattono decine o centinaia di volte al minuto.
Gli scienziati hanno sviluppato la mappa basandosi su dati raccolti da due dispositivi.
Il primo appartiene alla NASA e prende il nome di Lightning Imaging Sensor. Non è altro che un sensore montato sui satelliti scientifici della Tropical Rainfall Measuring Mission (la cosiddetta “missione di misurazione della pioggia tropicale”). Missione che ebbe inizio nel 1998 per una durata di 3 anni ed invece il satellite che monta il sensore si trova in orbita tuttora.
Gli altri dati satellitari utilizzati sono quelli del OrbView-1/Microlab, in un arco di tempo che andava dal 1995 al 2000. Le aree interessate dalle misurazioni si trovavano al di sopra del 38° parallelo di latitudine nord.
Ma qual è il futuro della ricerca sulle tempeste? I ricercatori hanno in programma l’invio di nuove strumentazioni sulla Stazione Spaziale Internazionale in modo da poter monitorare continuamente le tempeste del pianeta. In questo modo, in pochi anni, sarà possibile avere una panoramica dell’intero ciclo di vita delle cellule temporalesche.