Aprile 2007 ha registrato medie termiche mensili inquietanti, con valori che hanno superato anche di di 4/5°C le medie climatologiche e con anomalie addirittura superiori a quelle del terribile trimestre estivo 2003, lasciando un velo di preoccupazione per l’estate che verrà. Nel contempo, nel resto del mondo, la temperatura media sale inesorabilmente mentre fenomeni estremi talora freddi o precipitativi riversano la loro forza in alcune località del mondo, oscurando in parte il graduale progresso del Global Warming. I telegiornali e la stampa per rendere accattivante questa materia, devono per forza propinare notizie ingigantite poiché il pubblico non è interessato alla vicende scientifiche in generale e della meteorologia in particolare.
Prendendo un campione di persone, noteremo che l’interesse climatico è relativo alla semplice e diretta informazione previsionale per il giorno seguente ed ancor più per il weekend; basta un normale periodo di piogge per perdere la cognizione delle effettive necessità del territorio e delle condizioni imperanti.
Maggio, mese di transizione tra le due stagioni, è iniziato all’insegna delle piogge e dei temporali in particolare; le precipitazioni non sono state ben distribuite e il problema siccità permane in molte aree, specie del Nord Italia. Come più volte spiegato, il trimestre attuale apporta delle modifiche alla circolazione atmosferica, introducendo gradualmente le dinamiche della stagione estiva a sfavore di quella invernale. In termini pratici e di facile rilevazione sinottica, è evidenziabile un netto calo delle pulsazioni meridiane e delle depressioni strutturate e longeve.
La media pluviometrica dei mesi successivi calerà ulteriormente a dimostrazione del fatto che la fenomenologia diminuisce e si fa prettamente di tipo temporalesco, come quella avuta in questi giorni.
La fase ciclonica, innescata da un duplice affondo, terminerà a causa dell’arrivo di un nuovo assalto anticiclonico, con asse disposto da W/SW. La genesi temporalesca sarà ancora presente nelle prossime ore e nei prossimi pomeriggi, specie presso le zone montuose e pedemontane ma, l’alimentazione orientale del flusso perturbato sarà tagliata dalla veloce e possente azione dinamica dell’Hp Azzorriano, quest’ultimo successivamente alimentato da un’aria di estrazione africana richiamata dalle lenta traslazione dell’asse dominante del promontorio alto-pressorio.
Tornerà il caldo ed il tempo stabile, con fenomeni convettivi diffusi, sia lungo la catena alpina che quella appenninica, dovuti all’orografia, a qualche infiltrazione (vedi Nord Ovest) e grazie ai contrasti accentuati.
Sul settore centrale interno, durante le ore pomeridiane, spesso vengono attivati venti deboli dal mare (ad esempio il classico Ponentino a Roma), i quali favoriscono la presenza di un sub-strato umido che, specie se coadiuvati da un refolo secco nord-orientale in quota, generano intensi fenomeni.
Se analizziamo quest’ultimo episodio non riscontriamo nulla di anomalo poiché, vista la stagione, è normale che un periodo perturbato venga intervallato da ponti anticiclonici. Se però facciamo un sunto di quanto sta succedendo negli ultimi anni in Italia, e nel mondo, ci rendiamo conto che la circolazione atmosferica, sia a livello microscopico che macroscopico, ha subìto importanti variazioni, condizionando i valori medi del pianeta, mutando ed estremizzando gli agenti esogeni, con importanti e gravi risvolti strettamente correlati al clima (ghiacciai, fiumi, flora, fauna, etc).
Partendo da una analisi storica, e facendo dei riscontri grazie agli studi della paleoclimatologia, abbiamo notato che le fasi calde, per certi versi “assurde”, estreme, sono riscontrabili anche nei secoli addietro all’età moderna. Tra il 900 ed il 1200 D.C. (in particolare tra il 950 ed il 1150) l’Europa ha vissuto una fase climatica mite, relativamente calda, detta Optimum Climatico Piccolo (per differenziare dal periodo caldo più evidente tra il 4000 ed il 2500 a.C.); la temperatura media continentale era elevata e, specie nelle regioni del Nord Europa, si registravano picchi di 4°C in più rispetto ai valori attuali. Vi fu un imponente scioglimento dei ghiacci artici e dei ghiacciai in generale, un riscaldamento di 2°C delle temperature superficiali marine con innalzamento delle acque di quasi 1m in alcuni settori; in Italia, nelle zone costiere della Pianura Padana (specie presso il Delta del Po), si formarono immensi acquitrini, paludi con aria malsana e diffusione della malaria.
Il termine Optimum è congeniale soprattutto alle popolazioni nordiche che, grazie al clima mite, hanno potuto usufruire di una miglior viabilità, su terra e mare, oltre che una miglior condizione del suolo per lo sviluppo dell’agricoltura. Basti pensare che nel Nord America (per fare un esempio) laddove c’è oggi la tundra c’erano delle foreste di conifere, datate in quel periodo; l’optimum permise, in particolare a quelle latitudini, una condizione di quasi permanente umidità, tanto che la vegetazione di quel periodo si sviluppò con la caratteristica di essere igrofila, a differenza delle successive foreste mesofile, tropofile e xerofile.
Successivamente al periodo mite, dal 1300 si è assistito al fenomeno inverso, la PEG (Piccola Era Glaciale), con massima espansione dei ghiacciai intorno al 1850. Senza citare nel particolare gli effetti sul territorio e sull’andamento climatico, è sufficiente sapere che gelava il Tamigi (Londra è una città umida, mai fredda).
Specie per quanto concerne la PEG stiamo osservando un periodo climatico molto vicino ai giorni nostri, a maggior ragione se consideriamo i tempi della natura, delle evoluzioni: solamente 200/300 anni fa.
Dal 1850 ad oggi, seppur con fasi alterne, stiamo assistendo ad un graduale aumento della temperatura, con gli ultimi 20 anni di intensificazione preoccupante.
Cosa aspettarci per il futuro? Quali sono le cause?
Rispondere a queste domande non è per nulla semplice, e non basterebbe forse un libro per discutere sull’andamento climatico e sui meccanismi di causa/effetto.
Limitandoci al territorio europeo possiamo almeno restringere il campo d’azione, evidenziano solo alcuni fattori climatici.
Se osserviamo le indicazioni dei dati teleconnettivi, risaltano soprattutto queste anomalie:
-Cella di Hadley
-I.T.C.Z.
-E.A.
-P.D.O/A.M.O (relazionando quest’ultima con NAO/AO).
Se osserviamo il ciclo caldo, specie degli ultimi decenni, questo coincide con un E.A. positivo con brevi intervalli negativi. Il pattern atlantico condiziona le pulsazioni cicloniche con asse NW/SE, influenzando enormemente il clima europeo: la fase positiva indica uno stazionamento delle depressioni a nord ed una maggiore spinta dell’anticiclone a sud.
Questa condizione, unita ad una fase di AMO++ ed una recente fase di PDO- (sono due oscillazioni a lungo termine delle SST marine, la PDO nel Nord Pacifico, l’AMO nel Nord Atlantico), induce ad un movimento forzato delle perturbazioni in sede europea, bloccando la meridianizzazione verso il centro-sud del continente.
Ovviamente, la presenza durevole dell’Hp, ha scavato una linea preferenziale per le scorribande nord-africane, indotte da uno scenario barico proficuo a risalire, con maggiore assiduità, verso latitudini settentrionali.
Questo spostamento del regime alto-pressorio ha notevolmente innalzato la linea di convergenza inter-tropicale (ITCZ), assecondando la desertificazione di nuove aree ed, ultimamente, provocando anomale precipitazioni in zone desertiche.
L’ITCZ è anche il ramo ascendente della Cella di Hadley (sistema che si basa sul trasporto di aria calda verso aria fredda attraverso un fluido – l’atmosfera – muovendo aria dall’equatore verso il 30° parallelo); durante l’estate la Cella si sposta fisiologicamente verso Nord ma, a causa del continuo innalzamento dell’indice della fascia intertropicale, l’azione di quest’ultima si è direzionata fortemente verso settentrione, con palesi effetti sul clima.
Ma possono bastare questi elementi per individuare i perché di questo andamento climatico?
Assolutamente no, ma possono guidare verso una direzione, darci un’idea di quanto succede nell’atmosfera.
Queste dinamiche avvengono oggi con la convinzione che, gran parte della colpa, sia da attribuire all’inquinamento ed alle alterazioni dei gas serra, degli aerosol, etc.
Ma nel 1000 D.C. come possiamo spiegare la fase calda dell’Optimum?
Certamente l’inquinamento ha una parte da protagonista in questo meccanismo impazzito, ma non è la causa l’unica. Lo stesso effetto serra, responsabile del GW (Global Warming) può produrre, dar vita al Global Dimming, ovvero l’esatto opposto.
Gli scettici, quelli che non credono in eventuali catastrofi, sposano la tesi di un normale ciclo climatico, portando ad esempio le variazioni scoperte dalla paleoclimatologia ma non hanno fatto i conti con la presenza, enormemente più invasiva, dell’uomo e delle sue infrastrutture.
Non possiamo calcolare con esattezza l’incidenza del fattore umano sul clima; verosimilmente l’inquinamento, le modifiche antropiche, stanno accelerando i processi climatici, modificando i parametri rispetto ad una linea evolutiva presunta.
Possiamo però immaginare gli effetti di una nuova PEG o un nuovo Optimum Climatico su un pianeta così urbanizzato, così colonizzato e su persone abituate ad uno stile di vita prettamente cittadino, moderno.