C’è di cui discutere in questo periodo, diciamo in questi ultimi anni. Meteo impazzito, estremizzazione meteo, riscaldamento globale, cambiamenti climatici. Chi più ne ha più ne metta.
Diciamo pure che a momento non ci si capisce nulla. Anche all’interno della comuncità scientifica qualche volta non c’è accordo. Nel senso che alcuni studi ipotizzano inverni sempre più freddi quale risposta al global warming, qualche altro studio ci dice al contrario che la mancanza di freddo è colpo dell’innalzamento delle temperature globali.
Ma allora, dove sta la verità? Rispondervi non è semplice. Proviamo a ragionare un po’. Noi che osserviamo costantemente l’atmosfera abbiamo notato che negli ultimi decenni abbiamo un Vortice Polare sempre più forte. Ecco, questo potrebbe essere un chiaro segnale del riscaldamento globale, perché sappiamo che quando il Vortice è compatto è più facile osservare grandi anticiclonici a latitudini temperate.
Poi c’è il Mediterraneo. Un Mediterraneo costantemente più caldo, un Mediterraneo che come temperature superficiali dell’acqua sta diventando paragonabile ai mari tropicali. Poi, quando arrivano le perturbazioni, il surplus energetico è capace di produrre fenomeni estremi. Fenomeni che a queste latitudini non si erano mai visti.
Vogliamo parlare degli inverni? Ormai i periodi di freddo stanno diventando sempre meno frequenti, la neve idem. Però è altrettanto vero che quelle poche volte che fa freddo e nevica c’è da battere i denti. Quindi, volendo, quando emerso da alcuni studi va considerata ipotesi plausibile: inverni più cattivi, con gelo e neve meno frequenti ma più incisive.
A questo punto si potrebbe affermare che il concetto dell’estremizzazione meteo climatica non è altro che un modo alternativo per definire i cambiamenti climatici, o il riscaldamento globale. Perché sì, è vero, negare che ci sia un cambiamento è come affermare che la terra non esiste. Un’ovvietà, direte voi, ma è così.
Dobbiamo prendere atto dei cambiamenti, imparare a conviverci e possibilmente a prevenirne gli effetti. E magari, cosa ben più importante, ricordarci ogni tanto di rispettare la natura. Non tanto per noi, quanto per le generazioni che verranno.