Clima invernale particolarmente avverso sulla steppa dell’Asia Centrale: la Mongolia sta risentendo duramente dello dzud, ciclico fenomeno invernale caratterizzato da un mix di venti, neve, siccità e temperature molto rigide. Questa particolare condizione porta alla morte del bestiame che, dopo la forte siccità estiva, non riesce ad immagazzinare le riserve per sopravvivere alle rigide temperature invernali. Gli animali non sono in grado di trovare foraggio attraverso la copertura di neve al suolo e tante migliaia muoiono disidratati o di freddo. Lo dzud sta avendo sempre più frequenza negli ultimi decenni.
Si tratta di un fenomeno che va ad accentuare la crisi finanziaria già gravissima che sta vivendo il paese, dove almeno metà della popolazione è nomade e sopravvive grazie alla pastorizia come unica principale fonte di reddito. La Mongolia non si è peraltro ancora ripresa dal precedente dzud del 2016, che provocò la morte di oltre un milione di animali. Andò molto peggio nel 2010, con quasi dieci milioni di animali che hanno avuto scampo. Inevitabili le ripercussioni anche sulla popolazione: più di 157.000 persone sono colpite dallo dzud di quest’anno, che assedia almeno 17 delle 21 province.