Chi ama gli sport invernali sa benissimo che il meteo è fondamentale per la riuscita di una buona vacanza: per un’ottimale settimana bianca le condizioni migliori sono una fase di alta pressione invernale (dove peraltro non c’è cumulogenesi o è nulla la possibilità di rovesci improvvisi, tipici dell’estate) e abbondante innevamento.
Contrariamente a quanto si possa pensare, le stagioni più nevose per i nostri rilievi sono autunno e primavera: l’inverno (soprattutto alpino) è gelido, luminoso e secco, con scarse nevicate, mentre i mesi più attivi sono novembre e marzo.
Quest’anno le nevicate sono state molto abbondanti, grazie ai continui flussi sciroccali, ma a quote molto alte: questo è un grosso problema per il turismo invernale in epoca di RISCALDAMENTO GLOBALE. Gli impianti ad alta quota non hanno risentito del calo della nevosità e sono sempre funzionanti, mentre quelli a quote medie (1000-1800 metri) hanno subito una forte riduzione della fruibilità, in quanto spesso e volentieri le precipitazioni non mancano, ma sono piovose fino a quote impensabili fino a qualche decennio fa.
Due casi estremi opposti, dove il meteo è stato davvero inclemente per il turismo invernale:
il primo fu l’imbarazzante dicembre 2015, il mese di dicembre più caldo da secoli al nord, con continue opprimenti alte pressioni e montagne spoglie come se fossimo ancora in settembre; faceva talmente caldo che a 1800 metri i cannoni spara-neve erano inutili perché la neve fondeva dopo poco a causa degli estremi calori!
Il secondo è stato lo scorso gennaio 2018, dove una tempesta di scirocco ha interessato il Piemonte con precipitazioni forti e abbondanti ma liquide fino a 2000 metri (fatto assolutamente straordinario per essere metà gennaio!), rovinando il manto nevoso e di fatto impedendo le normali attività sciistiche.
Insomma, anche gli sport invernali subiscono i danni di un meteo sempre più caldo e in futuro è ragionevole che sopravviveranno gli impianti ad alta quota.