Uno degli aspetti più interessanti nello studio della meteorologia è quello che riguarda il rapporto esistente tra la variazione della temperatura dell’aria e la variazione dell’altitudine, il cosiddetto gradiente termico verticale. In situazioni di normalità, con atmosfera subadiabatica, il gradiente termico verticale è di 0,6° ogni 100 mt. Per fare un esempio se la temperatura al suolo è di 6°, la temperatura alla quota altimetrica di 1000 mt. dovrebbe essere di 0° circa.
Il meccanismo che determina questa diminuzione è semplice. La particella d’aria nella sua fase ascensionale si espanderà a causa della diminuzione della pressione atmosferica e così facendo diminuirà di temperatura. Questa appena accennata dovrebbe essere la norma ma non sempre è così e spesso può accadere che la temperatura aumenti salendo di quota. Questo fenomeno è noto col nome di inversione termica. L’inversione termica è riscontrabile sia in quota che al suolo. Vediamo prima quest’ultima.
Una situazione atmosferica subadiabatica è più comune salendo di quota, in genere oltre i 1000 mt., che non avvicinandosi al suolo, dove gli scambi di calore col suolo stesso possono influenzare notevolmente il gradiente termico verticale. Capita spesso, soprattutto durante il periodo invernale in condizioni anticicloniche, che il suolo perda calore più velocemente delle zone sovrastanti a causa dell’irraggiamento notturno o anche a causa dell’eventuale presenza di neve che impedisce al suolo di riscaldarsi sufficientemente durante le ore diurne.
L’aria fredda più densa e pesante di quella calda, tende a raccogliersi in prossimità del suolo stesso. In questo situazione l’aria calda presente a uno strato superiore si adagerà al di sopra di quella fredda. La temperatura riprende a diminuire solo superata una certa quota conosciuta come “margine superiore dell’inversione”.
Se l’umidità dell’aria è sufficientemente alta, l’eventuale ulteriore diminuzione oltre il punto di rugiada determina la condensazione e la formazione di foschie o nebbie più o meno dense che rendono visibilmente riconoscibile il fenomeno dell’inversione termica.
Le zone dove più frequentemente si verifica l’inversione termica sono quelle di pianura distanti dal mare o nelle vallate, si pensi alla pianura padana o alle valli alpine che conoscono molto bene questo fenomeno. L’inversione può durare anche per l’intera giornata in particolari situazioni anticicloniche invernali. In Siberia, ad esempio, l’inversione termica perdura per tutto l’inverno contribuendo al raggiungimento delle temperature record che tutti quanti conoscono.
Le inversioni termiche possono verificarsi anche in quota quando vi è uno scorrimento di aria calda sopra uno strato d’aria più freddo. In questa situazione l’aria calda impedisce un ulteriore scorrimento verticale dello strato freddo causando una sua espansione laterale. Segno inconfondibile di inversione termica in quota sono le nubi che assumono una caratteristica forma ad “incudine”. La quota oltre la quale si verifica l’aumento della temperatura è conosciuta col nome di “margine inferiore dell’inversione”.