Il mese di giugno 1973 inizia con tempo fortemente instabile, una serie di fronti temporaleschi che interessano l’Italia da Nord, portano tempo variabile o perturbato su molte regioni, numerose grandinate interessano la pianura a nord di Reggio Emilia con ingenti danni all’agricoltura.
Tra il giorno 8 il giorno 9 la formazione di una relativa depressione sull’alto Adriatico, determina un notevole peggioramento delle condizioni del tempo con improvvise piogge a carattere di rovescio che localmente raggiungono intensità eccezionali, soprattutto in prossimità dei rilievi appenninici, in grado di produrre un effetto stau su correnti nord orientali già fortemente instabili.
Nella notte violenti temporali si abbattono sull’Appennino e sulla fascia collinare, in particolare sul bacino imbrifero del torrente Crostolo, il piccolo corso d’acqua che nasce dalle colline reggiane e attraversa la città. Il torrente si trova quindi a ricevere un volume d’acqua inadatto al suo stretto alveo, che per di più si presenta ingombro di detriti legnosi; la piena improvvisa si riversa dalla collina verso la città trascinando quindi tronchi e rami in abbondanza.
Alle porte della città, dove l’alveo si stringe ulteriormente in corrispondenza di un ponte, la massa di detriti ostruisce quasi completamente l’arcata del ponte e invade impetuosamente un quartiere residenziale, sorto nel dopoguerra in area golenale, che si affaccia direttamente sul greto del piccolo corso d’acqua.
Un muro d’acqua alto quattro metri si riversa all’improvviso sul quartiere; l’esondazione è talmente rapida che non tutti riescono a mettersi in salvo, così alla fine, nonostante la zona alluvionata sia limitata a una cinquantina di piccoli edifici, si contano due vittime; molti i danni con l’acqua fino ai secondi piani delle case nelle aree più in basse.
Seguiranno mesi di accuse e polemiche, su abitazioni edificate in una zona a rischio, sulla scarsa pulizia degli alvei e sulla cattiva gestione delle aree agricole collinari.
Resta il fatto, che un piccolo corso d’acqua che i reggiani sono abituati a vedere asciutto o nascosto dalla vegetazione, per la maggior parte dell’anno, quel giorno impazzì e seminò distruzione e morte, un fenomeno che ricorre circa ogni cento anni.
Fonti di informazione:
Archivio personale
“Il Resto del Carlino” edizione di Reggio Emilia Giugno 1973