Ormai esaurita la fase di maltempo nevosa al Nord, stiamo assistendo ad un miglioramento che andrà ulteriormente consolidandosi. In alcune zone l’innevamento al suolo è particolarmente abbondante anche al piano, specie tra Bassa Lombardia, cuneese ed Emilia e questo è un fattore di cui tener conto. Questa notevole presenza nevosa potrebbe localmente favorire dei crolli termici notturni particolarmente importanti nelle aree innevati e questo potrebbe avvenire, in condizioni di cielo sereno, per il cosiddetto effetto albedo. Il termine albedo definisce la frazione di energia (solitamente quella solare) che si perde nello spazio per riflessione da parte del suolo, che si tratti di terreno od oceani. Questo significa che una parte dell’energia che giunge dal sole (radiazione infrarossa, visibile ed ultravioletta) viene per così dire “rimandata” nello spazio senza essere assorbita, nella misura variabile in base al tipo di caratteristiche della superficie riflettente.
Pertanto, un suolo innevato, grazie al suo colore bianco, riesce a rispedire nello spazio, in tempi molto rapidi, circa il 90% dell’energia solare in arrivo senza che questa possa essere assorbita e trasformata in calore. Vi sono variazioni a seconda che la neve sia vecchia o fresca, con quest’ultima che ha una capacità riflettente ancora più elevata. Cosa accade? L’aria a diretto contatto con la superficie nevosa, in caso d’assenza di vento e cielo sereno, si raffredda molto più rapidamente durante la notte rispetto all’aria circostante e per questo si possono arrivare a rilevare picchi di temperatura estremamente bassi. Che minime potremmo raggiungere? Sulle aree più innevate è lecito potersi attendere localmente anche picchi inferiori ai -5/6°C, comunque notevoli in assenza d’irruzioni gelide. Al momento le proiezioni modellistiche non indicano gelate così intense, in virtù del fatto che ancora non viene considerata la presenza della neve sul suolo padano.