Mentre si rincorrono le previsioni di un’Estate bollente e siccitosa, ci sembra doveroso puntualizzare la (per il momento) scarsa attendibilità dei vari modelli di previsione stagionale.
Ne esistono al momento moltissimi, tutti allo stato sperimentale, e che si basano principalmente sulle interazioni tra atmosfera ed oceano.
Essi si basano su di un concetto principale: mentre la nostra atmosfera ribollente diventa pressoché imprevedibile quando si va oltre i 5-6 giorni, gli oceani sono molto più stabili, presentano variazioni di temperatura più lente, e possono influenzare con le loro anomalie la disposizione delle aree di alta o di bassa pressione atmosferica.
Se un mare è anormalmente caldo, sopra di esso sarà presente con tutta probabilità una zona di bassa pressione atmosferica, con tempo instabile.
Al contrario, un mare freddo favorisce lo stabilirsi di una zona di alta pressione, con tempo stabile.
Il discorso non è in realtà così semplice, in quanto tali zone di alta o di bassa pressione vanno ad interferire con la normale circolazione atmosferica, tendendo a creare delle anomalie climatiche che possono essere durature (un mese, oppure un anno o più).
E’ così che si formerebbero le siccità prolungate di una determinata zona, o al contrario le piogge a carattere alluvionale, oppure le ondate di freddo o di caldo eccezionali che colpiscono varie zone del globo.
I modelli di previsione stagionale sono fondati su tale concetto, secondo cui è dalle anomalie oceaniche che nasce il clima di una stagione sulla terraferma.
Ma questo concetto presenta anche alcune pecche: per la previsione del tempo atmosferico ci si basa a sua volta sulle previsioni di modelli di circolazione oceanica, che possono non essere perfetti e sbagliare a loro volta.
Inoltre, non è detto che le anomalie oceaniche possano portare alla formazione di un anticiclone sull’Europa, e non piuttosto ad una bassa pressione permanente: sono stati compiuti molti errori, anche in questo caso.
Il più clamoroso dei quali fu quello dell’Estate 2003, quando una previsione di una stagione fredda e perturbata sull’Italia venne smentita dai fatti!
Esistono comunque vari modelli di previsione stagionale, come quello del Meteoffice britannico, oppure il complesso modello NSIPP della NASA.
Quello più recente è il modello CFS, del NCEP, attivo dal 2004, un modello che fa interagire circolazione atmosferica ed oceanica.
Esso emette previsioni giorno per giorno di tutti i parametri meteorologici (temperatura, pressione, precipitazioni, ecc), fino ad oltre 6000 ore, e, recentemente, è stato “spinto” fino a fare previsioni giornaliere per diversi anni a venire!
Ovviamente, le previsioni giornaliere cambiano anche vistosamente di run in run, per cui viene normalmente considerata una media mensile di 30 giorni per emettere previsioni di anomalie termiche o pluviometriche, per i mesi successivi.
In questo modo si ottengono previsioni abbastanza buone, ma sempre con delle grosse percentuali di errore.
Tale modello CFS può anche essere scaricato da internet, e servire come base per modelli più localizzati, che sono in effetti presenti presso vari istituti di ricerca anche italiani.
Ma occorre stare bene attenti ai risultati emessi da questi prodotti, la loro attendibilità non è ancora provata.
Migliore è forse un altro modello americano, l’ECPC, che emette previsioni fino a 4 settimane di anomalie di precipitazioni o temperature in una determinata area mondiale.
Le sue performance sono piuttosto buone fino ad un periodo di 3 settimane.
In definitiva, un consiglio: quando sentite dire di previsioni di stagioni future caldissime o freddissime, alluvionali, oppure, al contrario, gravemente siccitose, è bene non prenderle come oro colato.
Infatti, ci si può aspettare delle previsioni abbastanza buone fino ad un periodo massimo di 3 settimane, ma non si può andare oltre, con la modellistica attuale.