Sono mesi cruciali, questi, per il trapasso fra i cicli solari 23/24; non è ancora possibile capire quale percorso si vada delineando ma, in ogni caso, un punto di svolta è stato raggiunto. Con un RI 3,5 a luglio, lo Smoothed monthly mean sunspot number di gennaio ha fatto un piccolo passo avanti rispetto al dicembre 2008, toccando 1,8 da 1,7. Ciò significa che il minimo del ciclo 23 è stato superato se i valori continueranno a crescere, il che manterrebbe il trapasso fra i cicli 23/24 nel campo della normalità; se invece dovesse attuarsi un’inversione di tendenza, e lo Smoothed number di febbraio o marzo tornasse ad abbassarsi, allora si potrebbe cominciare a parlare di anomalia, almeno in riferimento agli ultimi 160 anni, che sono quelli meglio documentati e più attendibili. Certo, si tratta d’un arco temporale infinitesimo rispetto all’età del Sole e di tutte le possibili fasi evolutive cui può dare origine, un limite che di per sé impone cautela nel linguaggio e nelle conclusioni.
Anno bianco A far pensare che il minimo attuale potrebbe non essere ancora concluso è il numero di giorni senza macchie che continuano ad accumularsi anche in questo 2009. Fra l’1 gennaio e il 31 luglio se ne sono contati già 164, superando così il totale del 2007 (163 giorni) che, a partire dal 1849, risultava 19º quanto a scarsità. È chiaro come il sommarsi di Spotless days sia indice di bassa attività magnetica del Sole, e se il 2009 dovesse raggiungere il livello del 2008 (265 giorni), è probabile che anche lo Smoothed number subirebbe una battuta d’arresto: il che autorizzerebbe davvero a parlare di debolezza del ciclo solare e di possibile ritorno a una situazione simile a quella del Minimo di Damon.
Fonti confuse L’attuale comportamento del Sole è discusso in decine di blog e forum nel mondo, che forniscono alcuni interessanti spunti di riflessione. C’è però un dato, quello degli Spotless days, spesso soggetto a notevole confusione. Le principali fonti cui riferirsi sono due: il SIDC (Solar Influences Data Analysis Center, con sede in Belgio) e l’AAVSO (American Association of Variable Star Observers), i cui dati sono noti come NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) perché quest’ultimo ente è deputato a renderli pubblici. I due valori sono ricavati con metodi diversi, quindi non sono assimilabili; quelli del SIDC inoltre, possano essere confrontati col passato, mentre la serie NOAA inizia solo nel 1944. Usando un linguaggio semplificato, in apparenza la NOAA è di manica più larga rispetto al SIDC, conteggiando senza macchie giorni a cui il centro belga attribuisce invece un RI. Ma ciò è, appunto, solo apparenza, poiché la stragrande maggioranza dei forum utilizza i dati NOAA provvisori (classificati come old indices), molto lontani dalla realtà; quando divengono ufficiali, essi subiscono infatti una radicale revisione: tant’è che, nel 2008, mentre il SIDC ha conteggiato 265 Spotless days, la NOAA ne ha ufficializzati solo 245 (a).
Serie incomplete Quando il Sole è in bianco si ritiene molto significativa una serie ininterrotta di 20 Spotless days. Per il SIDC l’ultima si è registrata fra il 20 gennaio e il 10 febbraio (22 giorni), mentre per la NOAA bisogna risalire al 13 dicembre 2008 – 6 gennaio 2009 (25 giorni; per il SIDC 27 giorni). Dopo, non ce ne sono state altre. Fra luglio e gli inizi di agosto i dati provvisori della NOAA indicano una nuova serie di oltre 20 giorni, ma quando tali indici saranno resi ufficiali, è pressoché certo che essa verrà ridimensionata (il 30 luglio è stata notata una macchia). Tutto ciò serve per dire che l’enfasi intorno all’attuale minimo solare viene gonfiata da numeri incompleti e non congruenti, scatenando poi ridicole dietrologie quando essi vengono ricondotti alla realtà dei fatti.
Clima e Sole In tale contesto rischia pure di finire sovrastimata, o comunque mal interpretata, la possibile influenza che una bassa attività magnetica solare può avere sul clima. È teoria, molto solida e tuttavia non ancora provata, che un profondo minimo solare possa determinare una riduzione delle temperature terrestri, attraverso meccanismi che riguardano sia la radiazione incidente che la copertura nuvolosa. Ma, per quanto attiene la Piccola età glaciale, si va facendo strada la convinzione che essa fu innescata e sostenuta da ripetuti episodi di quiete solare, che si prolungarono su scala plurisecolare e che, avvicinandosi ai tempi odierni, possono essere riconosciuti anche nelle loro parentesi meno importanti, secondo il seguente modello cronologico:
1282-1342 Minimo di Wolf
1416-1534 Minimo di Spörer
1628-1723 Minimo di Maunder (1645-1715: minimo propriamente detto)
1798-1823 Minimo di Dalton
1856-1913 Minimo di Damon
A differenza dei precedenti, i minimi di Dalton e di Damon risultarono solo una serie di cicli solari deboli (b); tuttavia, il loro manifestarsi sembra avere avuto degli impatti sull’evoluzione climatica coeva. Che cosa attendersi dunque, dal trapasso dei cicli 23/24? Intanto, non è ancora chiaro se davvero si stia vivendo un minimo importante: al momento, per valori dell’RI e numero di Spotless days, risulta il più marcato dell’ultimo secolo ma, se si guarda al trapasso fra i cicli 14/15 (1908-’16), non sono ancora stati raggiunti quei livelli, che comunque chiusero una fase di quiescenza d’una sessantina d’anni. Da alcuni indicatori sembra di poter affermare che anche l’attenuazione del magnetismo solare stia contribuendo al rallentamento del riscaldamento globale in atto nel XXI secolo, ma gli indizi sono così labili che, al momento, è più saggio rimarcare la prudenza e stare a guardare. Si tratta, in fondo, d’una sfida intellettuale, a cui il prossimo semestre potrà aggiungere, forse, qualche elemento in più.
Note
(a) Per i confronti www.meteogiornale.it/news/read.php?id=20466.
/>(b) Sulla classificazione www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19984.