I valori oscillano tra i 600 cm delle quote più elevate delle Alpi, fino a meno di 5 cm delle coste tirreniche, dove l’evento nevoso rappresenta un’eccezione; più elevata la nevosità lungo la costa dell’Adriatico, dove supera localmente i 30 cm; lungo il crinale appenninico Tosco Emiliano si superano i 250 cm solo in corrispondenza della sezione più elevata.
Sulle zone montuose la nevosità è fortemente condizionata dalla quota altimetrica, ma anche l’orientamento delle valli rispetto alle catene ed ai massicci montuosi, rappresenta un fattore importante.
In pianura i fattori più importanti sono il grado di continentalità e la vicinanza alle catene montuose.
Osservando, infatti, l’area padana, si nota come la nevosità sia più’ elevata sul settore occidentale: qui il clima e’ più’ spiccatamente continentale, la quota altimetrica più elevata e l’orografia favorisce, il ristagno di spessi strati di aria fredda, anche quando in quota affluisce aria umida apportatrice di precipitazioni.
Il settore orientale risulta invece meno nevoso, sia per l’influenza mitigatrice dell’Adriatico, sia per la maggior esposizione ai venti caldi di scirocco, che investono la pianura veneta senza incontrare ostacoli orografici.
Ovunque risulta significativa la maggior nevosità’ delle zone pedemontane rispetto a quelle più’ distanti dai rilievi; le catene montuose, infatti trattengono le masse d’aria fredda sui versanti esposti al vento, intensificando lo stau, oppure proteggendo i “cuscini” di aria fredda sulle pianure sottovento, dall’aria calda in arrivo.
Su tutta la pianura piemontese e sulla Lombardia occidentale, dove più frequente è la formazione dei “cuscini freddi” cadono almeno 40-50 cm di neve che aumentano anche vistosamente a ridosso dei rilievi, superando i 75 cm (nel Cuneese e nel Biellese, si arriva a 120).
La nevosità decresce poi procedendo verso est: l’area milanese riceve poco meno di 40 cm di neve, che si riducono a meno di 20 verso il Lago di Garda, solo a ridosso dei rilievi si hanno medie più elevate.
In Emilia, e ancora di più in Romagna, si nota un progressivo aumento della nevosità procedendo dalla pianura settentrionale verso i rilievi, segno evidente della prevalenza, in queste zone, delle nevicate da stau appenninico: il delta padano e le Valli di Comacchio, ricevono poco più di 10 cm di neve, la bassa pianura, tra i 20 e i 30, la media pianura emiliana e la fascia pedemontana romagnola, tra i 30 e i 40, la fascia pedemontana emiliana tra i 40 e i 50, fino a superare localmente i 60 a ridosso dei rilevi. La pianura veneta e quella friulana, poco interessate dalle nevicate da “raddolcimento” e ancora meno da quelle da “stau appenninico” ricevono quantitativi di neve compresi tra 10 e 20 cm, che si riducono a meno di 10 nelle zone litoranee, solo a ridosso dei rilievi si raggiungono localmente valori intorno 40 cm.
Va detto che nel quarantennio successivo si è verificato quasi ovunque una riduzione piò o meno consistente degli apporti nevosi, tale evoluzione sarà evidenziata in un prossimo articolo.
BIBLIOGRAFIA
Ministero Lavori Pubblici
Servizio Idrografico
“Carta della precipitazione nevosa media in Italia dal 1921 al 1960”