Le piogge, o meglio, i temporali estivi non si vedono. Se si eccettuano i pochi break rinfrescanti, ma con precipitazioni che hanno “premiato” principalmente il Nord Italia, su molte regioni è da mesi che non piove decentemente. O non piove proprio…
Guardando i modelli matematici di previsione si va alla ricerca, giustamente, di quella “scintilla” che possa far cambiare le carte in tavola. Dopo 3 mesi di caldo, talvolta eccezionale, aspettiamo le prime perturbazioni atlantiche. E ora che l’autunno incombe, almeno sulla carta, la speranza è che l’acqua dal cielo possa cadere il prima possibile.
La siccità è una piaga. Fa parte del nostro clima estivo, questo è vero, ma mai come quest’anno è venuta a mancare quella componente temporalesca così preziosa nel corso della stagione secca. Se poi ci mettiamo una primavera altrettanto avara d’acqua, beh, allora c’è poco da stare allegri.
Se manca l’acqua i primi a soffrirne siamo noi. Noi perché l’agricoltura, la vegetazione, i suoli, sono tutti elementi che direttamente o indirettamente ci riguardano. Soffrono i corsi d’acqua, i bacini di raccolta, insomma le preziose riserve idriche. Perché l’allarme rientri v’è necessità di giorni e giorni di pioggia. Ma pioggia benefica, non di eventi estremi.
Già, perché ora c’è il rischio che l’evento estremo si verifichi. La quantità d’energia presente nel Mediterraneo è talmente tanta che alle prime, vere perturbazioni potrebbero accadere cose sgradite. Speriamo, a questo punto, che un minimo di normalità si ripresenti in forma di perturbazioni atlantiche “old style”. Passaggi perturbati ripetuti capaci di innescare fenomeni insistenti, diffusi e non violenti. Ce la faremo? Ai posteri l’ardua sentenza…