Perché inserire un’analisi di tal tipo all’interno degli indici climatici? Rispondere, in questo caso, è semplice: perché le manovre che hanno guidato l’inverno risiedono tutte – o quasi – nei vari processi termo dinamici a carico dell’atmosfera. A suo tempo, a inizio stagione, consci dell’intensità del fenomeno “El Nino” provammo a ipotizzare un andamento stagionale sulla base di alcuni autorevoli studi.
Uno in particolare fu tirato in ballo per studiare le correlazioni tra il riscaldamento delle acque superficiali del Pacifico e l’influenza sul Vortice Polare. Emerse, qualcuno forse lo rammenterà, una correlazione positiva tra debolezza del Vortice e potenza di El Nino. Va detto però che tali studi non tenevano conto di eventuali episodi “record” come avvenuto quest’anno, ragion per cui può darsi che la correlazione statistica sia saltata in aria.
Ma potrebbero esserci anche altri motivi. C’è chi sostiene che l’enorme quantità di gas serra – in costante aumento – abbia limitato il riscaldamento della stratosfera e conseguentemente rafforzato il Vortice Polare. Un Vortice Polare che, al pari di El Nino, ha raggiunto livelli energetici mai riscontrati prima.
Non solo. Vi sono anche altri indici climatici dei quali tener conto. Ad esempio la cosiddetta QBO (Quasi Biennal Oscillation) è risultata positiva e quando ciò accade significa che nei piani alti atmosferici (stratosfera, appunto) le correnti equatoriali hanno componente zonale (occidentali). Uno scenario simile determina, solitamente, l’irrobustimento del Vortice Polare.
Altri autorevoli studi ci dicono che altre anomalie termiche delle acque superficiali oceaniche possono influire sullo stato di salute del Vortice Polare. Insomma, capirete voi stessi che le dinamiche considerabili sono talmente complesse che basterebbe uno dei tanti tasselli in posizione errata per condizionare un’intera stagione. Probabilmente è ciò che è accaduto quest anno…