Interrogato circa il record del 10 luglio 1913 a Greenland Ranch, l’allora direttore dell’ufficio di climatologia dell’U.S Weather Bureau, Helmut Erich Landsberg, chiarì che «la lettura di 134° è stata oggetto di numerosi articoli da parte dei meteorologi del Weather Bureau e nessuno ha mai messo in dubbio l’autenticità della registrazione» [Ludlum, p. 117]. Su ben altri presupposti invece, si svolse il dibattito riguardo l’estremo del 13 settembre 1922 ad Azizia (32°32′ N, 13°01′ E, 44 km a sud di Tripoli); ad alimentarli fu lo stesso direttore della rete meteorologica libica con questa nota: «Allorché si verificò tale temperatura (58°), lo scrivente si trovava in Italia e non poté quindi effettuare un immediato controllo sul luogo. È da notare che contemporaneamente a tale valore, veramente eccezionale, in tutte le località della Tripolitania settentrionale si registrarono punte elevatissime in corrispondenza di un periodo di ghibli di particolare intensità e durata. Comunque, sta di fatto che, con la sostituzione dei termometri Six-Bellani, fino allora impiegati, la cifra di 58° in oltre venti anni di osservazioni non venne mai più raggiunta. Lo scrivente ritiene perciò più attendibile il valore esposto nella tabella di Azizia (56°)» [Fàntoli 1954, p. 62].
Tale posizione tuttavia, fu da alcuni circoscritta come «una valutazione personale», anche perché «delle punte massime assai vicine a quella del 1922 si sono verificate negli anni successivi» [Pinna, p. 283]. In particolare, si toccarono 56,0 °C ad agosto (data non specificata), valore che nessuno ha mai messo in discussione; ma questo è un aspetto che lo stesso direttore della rete meteorologica libica riconosceva: «La cifra segnata […] potrebbe quindi avere tutti i caratteri di autenticità anche per il fatto che si deve escludere un errore materiale dell’osservatore in quanto, pure negli anni appresso, alcune punte massime sono state abbastanza prossime a quella che si contesta». C’erano però fattori accessori da tenere in considerazione: «Che se nel 1922 non si poté far altro che accogliere la cifra su esposta, del resto esplicitamente confermata, via radio, dall’autorità militare locale (el-Azizìa rimase per vario tempo isolata per ragioni contingenti) e quindi dalla scheda delle osservazioni, quando fu possibile raggiungere quel centro, si poté constatare che gli estremi termici erano stati ricavati mediante un termometro Six-Bellani essendosi guastato quello a massima della coppia ordinaria di dotazione» [Fàntoli 1958, pp. 54 e 62].
Erano forse la risoluzione del termometro al grado centigrado, ma soprattutto la sua taratura, a sollevare qualche riserva (si veda oltre). In ogni caso, questa è la sequenza delle massime rilevata nei giorni più caldi prossimi all’evento (ciclo pentadico):
11 settembre 50,0 °C
12 settembre 56,0 °C
13 settembre 58,0 °C
14 settembre 53,0 °C
15 settembre 53,0 °C
Estremi superiori ai 50 °C sono spesso raggiunti nelle regioni libiche durante periodi di ghibli, specie nella Gefara tripolitana, dov’è ubicata Azizia, e nel sud Bengasino, separate dalla fascia costiera dai rilievi del Gebèl [Fàntoli 1954, p. 62].1 Ma fino a quali livelli può arrivare un termometro correttamente sistemato? Stabilito che l’aria riscaldata dal terreno, essendo più leggera e quindi forzata a salire, viene rimpiazzata da aria più fredda, il valore teorico si situa poco oltre i 55 °C. Ciò è confermato dai record accettati [Riordan, p. 7], per quanto discussi, mentre mai si è dato credito ai 75 °C del Deserto di Gobi [Pinna, p. 284]. Di fronte alla misura di Azizia dunque, si pone il problema dell’alloggiamento degli strumenti: era regolare e sufficientemente isolato dalle interferenze esterne? La stazione, così come si presentava nel giorno del record, era stata impiantata nel luglio 1919 sulla terrazza d’un fortino in vetta a un cucuzzolo: «La capannina con persiane semplici (abri, tipo inglese) veniva quindi a trovarsi a 5,5 metri dal suolo, a 48 circa sul piano medio della pianura circostante ed a 163 metri sul livello del mare. La base della capannina (isolata da tutte le parti) era stata fissata con staffe sul piano della terrazza, rivestito d’una copertura di cemento incatramato. Gli strumenti erano collocati nel modo usuale: anemoscopio e pluviometro situati a conveniente distanza; l’anemometro a mano (anemometro tipo Salmoiraghi) veniva portato in terrazza ad ogni osservazione» [Fàntoli 1958, pp. 54-55]. Insomma, rispetto alla stazione di Greenland Ranch, qui alcune norme dettate dall’allora Organizzazione meteorologica internazionale (altezza rispetto al suolo, terreno erboso, doppia persiana) erano disattese. Ciò non toglie che il valore di 58,0 °C sia «generalmente accettato come la più alta temperatura del mondo registrata in condizioni standard» [Riordan, p. 8].
Eppure, vari elementi non convincevano appieno il direttore della rete meteorologica libica: è per questo che il record di Azizia, a differenza di quello della Valle della Morte, deve essere ulteriormente discusso, onde stabilirne il grado di attendibilità.
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Note
1. A Gadames (30°08′ N, 9°10′ E, 361 m), nella regione dell’Hamada el-Hamra, si raggiunsero i 55,6 °C [Fàntoli 1954, p. 66]: per inciso, valore anche questo al di là dei 129 °F (53,9 °C) del supposto record mondiale nella Valle della Morte (si veda la parte III).
Bibliografia
A. FANTOLI, I valori medi della temperatura in Libia, «Bollettino della Società Geografica Italiana», vol. 7, nn. 1-2 (1954), pp. 59-71.
A. FANTOLI, La più alta temperatura del mondo, «Rivista di Meteorologia Aeronautica», vol. 18, n. 3 (1958), pp. 53-63.
D.M. LUDLUM, Extremes of Heat in the United States, «Weatherwise», vol. 16, n. 3 (1963), pp. 108-129.
M. PINNA, La temperatura minima e la temperatura massima registrate sulla Terra, «Rivista Geografica Italiana», vol. 66, n. 3 (1959), pp. 282-284.
P. RIORDAN, Weather extremes around the World, Natick, 1970.