L’analisi più articolata circa l’attendibilità della registrazione a Greenland Ranch è datata 1949. Considerando l’andamento delle minime e massime di luglio per il periodo 1911-’47, si stabilì una griglia di frequenze per cui un dato valore viene raggiunto o superato nel corso del mese medio:
115 °F (46,1 °C) 17 giorni
120 °F (48,9 °C) 6 giorni
124 °F (51,1 °C) 1 giorno
Su questa base si argomentò che «se le temperature massime giornaliere sono normalmente distribuite […] un valore di 134 °F o superiore si manifesterebbe circa una volta in 806 giorni, o 26 mesi di luglio». Nei 37 anni presi in esame invece, ed escludendo i dati del 1913, la massima non aveva mai superato i 127 °F (52,8 °C): di qui la conclusione, già richiamata, per cui il tempo di ritorno dei 134 °F sia pari a 650 anni [Court, pp. 216 e 218]. Può darsi che a favorire i dubbi fosse anche il passaggio introduttivo alla descrizione del quadro meteorologico riguardante l’evento: «Il tipo di tempo è stato quello che è sempre causa di elevate temperature sul distretto della costa del sud Pacifico, non è stato particolarmente marcato, e non ha dato temperature record in qualsiasi altra parte della California» [Willson, pp. 279-280]. Ma, in aree ristrette e isolate, vi sono cinque fattori che, manifestandosi in concomitanza, generano valori elevati [Riordan, pp. 6-7].
Il primo è un forte riscaldamento dei suoli, tanto più efficace sulla sabbia del deserto o sulla nuda roccia, quando il sole è alto e l’atmosfera molto trasparente. È appena il caso di ricordare che Greenland Ranch e Furnace Creek sono nel Deserto di Mojave; va aggiunto che, a prescindere dal 1913, gli estremi del periodo 1911-2009 (129 °F) sono stati registrati fra il 6 e il 19 luglio1, cioè nel mese successivo alla massima declinazione solare (solstizio d’estate); è poi interessante notare come nella prima settimana del giugno 1913 l’umidità relativa «era non alta e il tempo non opprimente» e che, durante quel mese2, essa toccò un minimo del 16% [McAdie, p. 931]: circostanza questa, è intuibile, che contribuì a cieli tersi e all’accumulo di calore superficiale (temperatura media giugno 1913: 92,4 °F / 33,6 °C; massima mensile: 119 °F / 48,3 °C il giorno 22). Il secondo fattore predisponente è dato da un ristagno o un lungo passaggio di aria su una superficie molto calda. A Greenland Ranch ciò avviene per antonomasia, essendo la media delle massime di luglio (norma 1911-’61) di 115,5 °F (46,4 °C) e quella delle minime di 86,9 °F (30,5 °C). Il terzo fattore riguarda la subsidenza, che inibisce sia la convezione verticale che le circolazioni locali (brezze). E la situazione sinottica del 10 luglio 1913 parla proprio d’una curvatura anticiclonica generatrice di subsidenza3 (media delle temperature massime 7-14 luglio 1913: 129,4 °F / 54,1 °C). Quarto fattore, un vento di caduta (föhn effect) per il passaggio dell’aria in arrivo attraverso le montagne, la cui ascesa libera calore latente di condensazione che contribuisce a riscaldarla, mentre le precipitazioni sul versante di sbarramento la ripuliscono dalle impurità, rendendo ideale la trasparenza. Tutto ciò caratterizzò quei giorni: «Il vento da nord lungo il versante orientale della Sierra era molto leggero, causando un lento movimento dell’aria verso sud dall’altopiano e le regioni montane del nord Nevada. Si è riscaldata dinamicamente nel passare le pendici occidentali dell’Amargosa e delle Funeral Mountains e scendendo alla profonda valle sottostante. Una volta nella valle l’aria superficiale è probabilmente diventata stagnante a causa degli alti contrafforti a sud [nell’originale: high walls at the south end], ed è stata rapidamente riscaldata dal calore riflesso dalle rocce e dal suolo desertico della valle». La descrizione si chiude così: «La condizione era probabilmente locale come spesso accade nelle regioni montane, e le temperature eccezionalmente elevate si limitavano alla Valle della Morte» [Willson, p. 280]. Ultimo fattore, un’avvezione da regioni dove l’aria sia già stata riscaldata. Nel caso, le correnti che interessarono la Valle della Morte muovevano dal Deserto del Nevada con una temperatura iniziale superiore ai 100 °F (37,8 °C) e scesero di circa 1.900 m [Court, p. 217]: data una compressione adiabatica lineare, la sola differenza di quota basta a giustificare i 134 °F.
Una testimonianza a supporto di tali condizioni è quella del sovrintendente Corkill: «Ricordo il giorno [10 luglio 1913] molto distintamente, poiché quel giorno un uomo di nome Busch perì nella valle a nord del ranch a causa del caldo. Non so in quale direzione il vento soffiava quel giorno, ma soffiava molto violento sia da nord che da sud. Anche l’autista che era col signor Busch nel momento in cui perì per poco non ha perso la vita. L’ho visto pochi giorni dopo e mi ha detto che un vento terribile aveva predominato quel giorno nella valle» [Corkill, p. 341]. Un’altra attestazione viene da Oscar Denton, sorvegliante di Greenland Ranch, che in questo modo rammenta il 10 luglio 1913: «Faceva così caldo che le rondini in volo cadevano a terra morte. Quando sono uscito per leggere il termometro con un asciugamano alla turca bagnato sulla testa, si era asciugato prima del mio ritorno» [Bagott].
Di fronte a tale scenario dunque, quali sono gli elementi che metterebbero in dubbio il record? Tanto più che, in una lettera datata 28 aprile 1948, il direttore regionale supplente dell’U.S. Weather Bureau californiano scriveva: «La capannina [nell’originale: instrument shelter] è stata spostata 40 piedi [12 m] a ovest della sua posizione precedente nella seconda parte del 1937 a causa del trasferimento della strada. Nulla nella documentazione indica qualsiasi altro movimento della capannina» [Court, p. 215]. Se nessun cambiamento avvenne, significa che le due fonti indicanti l’altezza del pavimento, l’una a 4 piedi, l’altra a 3,5 dal suolo4, non sono omogenee; tuttavia, anche se la seconda pare più accreditabile, il particolare è ininfluente, poiché in capannina i termometri sono posti su sostegni orizzontali che portano il bulbo oltre la minima altezza di 120 cm (4 piedi) prevista dagli standard dell’allora Organizzazione meteorologica internazionale. L’indagine non fa emergere alcun argomento probante contro il valore del 10 luglio 1913, e la supposizione d’una bolla temporanea nel termometro a massima o d’un annerimento della capannina per una tempesta di sabbia non trova conferme, poiché «non vi è alcuna indicazione che le letture riportate non sono corrette» [Court, p. 217]. Il caldo di quei giorni resta dunque un evento eccezionale e anomalo nella storia della Valle della Morte, ma l’esattezza del rilevamento non può essere negata.
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In cerca del caldo record. Parte III: il ciclo solare
In cerca del caldo record. Parte IV: la Gefara tripolitana
In cerca del caldo record. Parte V: alcol e mercurio
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In cerca del caldo record. Parte I: la Valle della Morte
Note
1. La sintesi è contenuta nella parte I.
2. Questa corrispondenza fu redatta nella settimana iniziale di luglio, qualche giorno prima del raggiungimento del record.
3. Si veda la parte I.
4. Ibidem.
Bibliografia
J. Bagott, Hell on Earth: the day it hit 133 degrees along the Coast, «Los Angeles Daily News», 16 giugno 1996.
F.W. Corkill, corrispondenza a The Hottest Region in the United States, «Monthly Weather Review», vol. 43, n. 7 (1915), p. 341.
A. Court, How Hot is Death Valley?, «The Geographical Review», vol. 39, n. 2 (1949), pp. 214-220.
A.G. McAdie, Relative Humidity in Death Valley, «Monthly Weather Review», vol. 41, n. 6 (1913), p. 931.
P. Riordan, Weather extremes around the World, Natick, 1970.
G.H. Willson, The Hottest Region in the United States, «Monthly Weather Review», vol. 43, n. 6 (1915), pp. 278-280.