È possibile mettere un punto fermo riguardo la temperatura più elevata registrata sulla Terra? Il rilevamento, il 18 luglio 2009 (ndr: replicata l’11 luglio 2012), d’una massima di 128 °F (53,3 °C) nella Valle della Morte (Death Valley), nella regione settentrionale del Deserto di Mojave (California), ha rimesso in discussione i limiti contenuti nei manuali di climatologia che, nello schema classico, sono compendiati dalla seguente cronologia:
56,7 °C 10 luglio 1913 Greenland Ranch (Stati Uniti)
58,0 °C 13 settembre 1922 El Azizia (Libia)
Della questione si è già abbozzata una sintesi (1), che però non affrontava nel dettaglio i problemi e le analisi generate dalle due misure. Procedendo in ordine temporale, va detto innanzitutto che i 134 °F (56,7 °C appunto) di Greenland Ranch (36°27′ N, 116°52′ O) sono stati accettati dall’U.S. Weather Bureau come record ufficiale americano [Riordan, p. 9]. La stazione divenne operativa nel 1911 a -55 m (la Valle della Morte è una depressione naturale); era dotata di capannina tipo Stevenson, ubicata su una zolla erbosa di alfalfa, col piano di appoggio degli strumenti a 4 piedi (122 cm) dal suolo, l’apertura rivolta a nord, a circa 50 piedi (15 m) dall’oggetto più vicino; soprattutto «la posizione è tale che la capannina non è esposta al calore riflesso dal deserto» [Willson, p. 279]. In successive analisi dell’evento, si insiste sulla regolarità della capannina: «Vi è una libera circolazione dell’aria attraverso le pareti a persiana, il tetto doppio riduce l’effetto di riscaldamento del sole, e il pavimento chiuso impedisce il riflesso e l’irradiazione di calore dal suolo» [Palmer, p. 11].
Tuttavia, dubbi sull’attendibilità del valore dovettero essere avanzati fin dal primo momento se Fred W. Corkhill (o Corkill), sovrintendente della Pacific Coast Borax Co., che aveva cooperato con l’U.S. Weather Bureau all’installazione della stazione, ebbe a dichiarare: «Voglio precisare che questo record deve essere considerato corretto» [Eklund, p. 33]. Ma, a complicare il quadro, esiste un elemento aggiuntivo: in un appunto di accompagnamento al bollettino mensile, l’osservatore segnalò di non essere certo che il record fosse esatto, perché il termometro (a massima) nella capannina era tarato solo fino a 135 °F, mentre altri termometri sparsi nel ranch mostravano una temperatura più elevata [Willson, p. 279]. Questa secca notazione si presta a letture contraddittorie, che parrebbero avvalorare l’eccezionale misura; un’interpretazione diversa è quella per cui l’osservatore si riferisse ad altri termometri non protetti (nella versione originale: ordinary thermometers), che quindi avevano segnato valori superiori. Lo stesso bollettino invece, non riporta alcuna indicazione circa un successivo esame o ricalibrazione dello strumento [Court, p. 217].
Ma qual era la situazione sinottica del 10 luglio 1913? Le ricostruzioni parlano di un’occlusione fredda transitata a oriente, attraverso le Montagne Rocciose, fra 35°-50° N; la curvatura anticiclonica delle correnti su entrambi i lati del fronte e i cieli limpidi, probabilmente determinarono una subsidenza sull’area desertica, e il vento caldo, in rapida discesa dalle montagne, subì un ulteriore riscaldamento per compressione adiabatica [Riordan, p. 9]. Questa somma di condizioni dovette favorire l’ascesa delle temperature: che infatti, nel periodo 7-14 luglio (2), toccarono sempre i 127 °F (52,8 °C) e oltre. Ora, va posta attenzione a un dettaglio: la serie di Greenland Ranch non comporta valori decimali; pertanto, è lecito affermare che i 134 °F oscillarono nel range di arrotondamento, compreso fra 133,5 °F (56,4 °C) e 134,4 °F (56,9 °C). Ciò, come si vedrà, ha la sua importanza nella determinazione del valore esattamente rilevato.
I critici del record si sono spinti a supporre che il dato debba essere ridotto a 133 °F (56,1 °C) per via d’un riscaldamento generato dal calore del terreno. In proposito, estrapolando da studi effettuati nel deserto dello Utah e a Inyokern, nel deserto californiano, si è determinato quale gradiente di temperatura sia lecito attendersi, in una giornata di caldo estremo nella Valle della Morte, negli strati d’aria più prossimi al suolo [Court, pp. 217 e 220]:
125 °F (51,7 °C) a 5 piedi (152 cm)
150 °F (65,6 °C) a 1 piede (30,5 cm)
165 °F (73,9 °C) a 1 inch (2,5 cm)
180 °F (82,2 °C) sul terreno
Analizzando poi la frequenza delle alte temperature registrate a Greenland Ranch nel periodo 1911-’47, si è stabilito che il tempo di ritorno d’una massima di 134 °F o superiore sia di circa 650 anni [Court, p. 218]. È un fatto che, scorrendo l’archivio (3) fino al 2009 (99 anni di osservazioni), e supponendo sovrastimati tutti i dati del luglio 1913, i valori più prossimi al record rimangano staccati di 5 °F, come si evince dal quadro seguente:
129 °F (18 luglio 1960)
129 °F (17 luglio 1998)
129 °F (19 luglio 2005)
129 °F (6 luglio 2007)
Sono dunque destituiti di fondamento gli straordinari 134 °F che, per oltre nove anni, furono annoverati quale record planetario, prima che da un’oasi della Tripolitania giungesse notizia d’una temperatura ancor più clamorosa? La risposta può venire solo da un’approfondita conoscenza del clima nella Valle della Morte e delle condizioni per cui, in aree ristrette, si possano generare valori molto superiori a quelli delle località vicine.
Articoli successivi
In cerca del caldo record. Parte II: subsidenza ed effetto föhn
In cerca del caldo record. Parte III: il ciclo solare
In cerca del caldo record. Parte IV: la Gefara tripolitana
In cerca del caldo record. Parte V: alcol e mercurio
Bibliografia
A. COURT, How Hot is Death Valley?, in «The Geographical Review», vol. 39, n. 2 (1949), pp. 214-220.
E.E EKLUND, Some Additional Facts about the Climate of Death Valley, in «Monthly Weather Review», vol. 61, n. 2 (1933), pp. 33-35.
A.H. PALMER, Death Valley – The Hottest Known Region, in «Monthly Weather Review», vol. 50, n. 1 (1922), pp. 10-13.
P. RIORDAN, Weather extremes around the Wold, Natick, 1970.
S. ROOF, C. CALLAGAN, The Climate of Death Valley, California, in «Bulletin of the American Meteorological Society», vol. 84, n. 12 (2003), pp. 1725-1739. Doi: 10.1175/BAMS-84-12-1725.
G.H. WILLSON, The Hottest Region in the United States, in «Monthly Weather Review», vol. 43, n. 6 (1915), pp. 278-280.