Negli anni 1645-1708 nessuna aurora boreale interessò il cielo di Londra; e il 15 marzo 1716, quando un’altra ne apparve, l’evento fu di tale portata da indurre Edmond Halley (1656-1742) a scriverne un trattato. Su tale contingenza, associata allo stadio più acuto della Piccola età glaciale, ci si è basati nel tentativo di definire la profondità della depressione solare che caratterizzò il XVII secolo. Durante il Minimo di Maunder propriamente detto, e nei soli stati in cui operavano osservatori astronomici (Inghilterra, Francia, Germania, Danimarca e Polonia), stando all’odierna frequenza statistica ci si sarebbe attesi di riscontrare da 300 a 1.000 luci del nord [Eddy 1976, p. 1193]. La realtà di quel settantennio fu invece diversa, anche se non si è ancora giunti a stabilire numeri certi, poiché le continue scoperte memorialistiche impongono ripetuti aggiornamenti. La seguente tabella fa il punto dei totali (quarta colonna) progressivamente ottenuti da varie catalogazioni, che alcuni specialisti di settore (prima colonna) hanno riassunto nei loro studi (anno di pubblicazione fra parentesi, in seconda colonna):
Eddy | (1976) | 1645-1715 | 77 | ecumene |
Eddy | (1983) | 1645-1715 | 167 | ecumene (possibili) |
Schlamminger | (1990) | 1645-1712 | 118 | Europa Centrale |
Schlamminger | (1991) | 1645-1712 | 121 | Europa Centrale |
Letfus | (2000) | 1645-1715 | 220 | ecumene |
Questi dati, ancorché discussi, sono stati utilizzati a supporto sia di tesi che invocano una regolare, pur se attenuata, attività solare all’epoca del Minimo di Maunder, sia del loro contrario. Ma, per chiarezza metodologica, va aggiunto che il conteggio delle aurore polari non è un dato vicariante attendibile, poiché la corrispondenza con l’apparizione delle macchie «è meno che perfetta; talvolta anzi inesistente» e quindi inadatta a sostituirla [Eddy 1984, p. 186]. La conferma arriva dai brillamenti (a): durante il Minimo di Maunder propriamente detto, solo in 22 occasioni essi coincisero con giorni in cui il Sole presentava macchie; e di queste ricorrenze, ben 19 si concentrarono nell’intervallo 1701-’15 [Letfus, pp. 208-209], quando cioè cominciò a ripristinarsi il normale ciclo di Schwabe. Il conteggio complessivo dunque, per quanto raffinato, non è di facile traduzione nel delicato rapporto fra attività solare e clima terrestre; risulta però utile nella ricostruzione storica se si tien conto dei seguenti caratteri: «Le aurore, in particolar modo alle alte latitudini, sono viste anche in periodi in cui l’attività solare e il numero delle macchie solari si avvicinano ai loro livelli più bassi; inoltre la punta di frequenza massima delle aurore è in genere ritardata di alcuni anni rispetto al culmine delle macchie solari. Quindi l’alta frequenza di aurore è indicativa sia di un’intensificazione e sia anche di un calo dell’attività solare. Una scarsa frequenza di aurore però è quasi sempre segno di una ridotta attività solare» [Eddy 1984, p. 186].
Circoscritti i limiti dell’indagine, diviene più pertinente notare come una non trascurabile percentuale degli episodi sintetizzati in tabella venne registrata dopo la fase più profonda del minimo: 20 (pari al 26% del repertorio datato 1976) nel 1707-’08, biennio caratterizzato da moderata attività solare [Eddy 1976, p. 1193]; 30 (18% del repertorio 1983) nel 1704-’15 [Eddy 1983, p. 205], quando crebbe l’ampiezza dei cicli. Di contro, in Inghilterra nessun fenomeno aurorale andò in archivio per tutto il XVII secolo [Letfus, p. 208] e «di fatto, l’aurora fu sconosciuta a due generazioni» [Soon, p. 79]. Viceversa, nel XVIII secolo il repertorio dell’ecumene parla di almeno 6.126 eventi [Eddy 1976, p. 1193].
Le sorprendenti divergenze riguardanti alcuni indicatori usati per ricostruire l’intensità del Minimo di Maunder dipendono dal criterio adottato nel loro calcolo; così è per la velocità del vento solare, la cui interazione col campo magnetico terrestre è all’origine delle aurore. Misurata in 444 km/s in media nel 1964-’94, per la seconda metà del XVII secolo tale velocità è stata stimata in una forbice compresa fra i 600-700 km/s e oltre e i 20 km/s circa [Cliver, pp. 437-438], valore quest’ultimo che ha introdotto il concetto di brezza solare, ma che si porrebbe al di sotto dei 29,8 km/s con cui la Terra orbita intorno al Sole [Soon, p. 233]. In questo settore, le risultanze più attendibili sono quelle calcolate per gli anni dei minimi, e ottenute associando il numero di macchie (annual sunspot number) conosciuto o supposto [Mendoza, p. 400]:
1657-’90 => 194,3 km/s
1700-’23 => 218,7 km/s
Si tratta di dati più che dimezzati rispetto a quelli odierni (b), e ciò porta a concludere che «i bassi livelli di attività geomagnetica e quindi di attività aurorale hanno due cause: una maggiore omogeneità del campo magnetico interplanetario e la continua esposizione dell’ambiente terrestre a un vento più lento rispetto ai tempi attuali» [Mendoza, p. 401].
Note
(a) I brillamenti (o flare) si generano nella riconnessione delle linee del campo magnetico, emettendo fasci di vento solare ad alta energia.
(b) Da questa affermazione è escluso il minimo del ciclo 23, il più profondo dal 1913 e tutt’ora in corso, che a più riprese ha visto velocità inferiori ai 300 km/s.
Bibliografia
E.W. CLIVER, K.H. BOUNAR, V. BORIAKOFF, Geomagnetic Activity and the Solar Wind During the Maunder Minimum, in K.S. BALASUBRAMANIAM, J.W. HARVEY, D.M. RABIN (editors), Synoptic Solar Physics (ASP Conference Series), San Francisco, 1998, vol. 140, pp. 437-444.
J.A. EDDY, The Maunder Minimum, in «Science», vol. 192, n. 4245 (1976), pp. 1189-1202.
J.A. EDDY, The Maunder Minimum: a reappraisal, in «Solar Physics», vol. 89, n. 1 (1983), pp. 195-207.
J.A. EDDY, Il clima e il ruolo delle condizioni solari, in R.I. ROTBERG, T.K. RABB (editors), Clima e storia, Milano, 1984, pp. 170-197.
V. LETFUS, Sunspot and auroral activity during Maunder minimum, in «Solar Physics», vol. 197, n. 1 (2000), pp. 203-213.
B. MENDOZA, Geomagnetic activity and wind velocity during the Maunder minimum, in «Annales Geophysicae», vol. 15, n. 4 (1997), pp. 397-402.
L. SCHLAMMINGER, Aurora borealis during the Maunder minimum, in «Monthly Notices of the Royal Astronomical Society», vol. 247, n. 1 (1990), pp. 67-69.
L. SCHLAMMINGER, Aurora borealis lag during the Maunder minimum, in «Solar Physics», vol. 131, n. 2 (1991), pp. 411-414.
W. SOON, S.H. YASKELL, The Maunder Minimum and the Variable Sun-Earth Connection, Singapore, 2003.
Parte I: https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19723
/>Parte II/a: https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19769
/>Parte II/b: https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19814