Le prove che il clima terrestre risponda in modo direttamente proporzionale a persistenti fasi di attività solare (di segno positivo o negativo) che oltrepassino il ciclo undecennale si vanno accumulando. La quiescenza del XVII secolo è contemporanea all’interludio più freddo della Piccola età glaciale: «Vi è una sola possibilità che il nesso sia il risultato di una pura coincidenza, come lo è, vogliamo sperare, la coincidenza del Minimo di Maunder col regno del Re Sole (1643-1715: ndr)» [Eddy, p. 195]. È allora possibile che esistano dei supercicli atti a spiegare una dinamica che la normale periodicità, individuata nel 1843 da Samuel Heinrich Schwabe (1789-1875), non sembra in grado di soddisfare? Ricorrendo a un’estensione del ciclo di Gleissberg (GC) per gli ultimi 500 anni circa, si giunge a una cronologia (seconda colonna) che prevede stadi mediamente secolari (terza colonna), in cui uno dei massimi (GC-1, quarta colonna) cade alla vigilia del Minimo di Maunder propriamente detto, mentre il ciclo successivo (GC0) si avvia negli anni in cui la rarefazione delle macchie fu pressoché totale e si chiude durante il Minimo di Dalton:
GC-2 | 1528-1614 | 86 anni | M 1547 | RM 132,8 |
---|---|---|---|---|
GC-1 | 1614-’94 | 80 anni | M 1639 | RM 73,6 |
GC0 | 1694-1816 | 122 anni | M 1778 | RM114,8 |
GC1 | 1816-1907 | 91 anni | M 1848 | RM 115,9 |
GC2 | 1907-2009? | 102 anni? | M 1968 | RM 151,5 |
Il GC-1, che domina il XVII secolo, ha mostrato la più bassa intensità (maximum sunspot number, ovvero RM in quinta colonna) di questo mezzo millennio: si è trattato dunque d’un autentico minimo, oppure d’una fase solare affievolita? Chi argomenta per quest’ultima tesi propone di definirla Maunder Weakening [Mouradian, pp. 59-60], e va aggiunto che lo stesso Maunder, formulando il concetto alla base delle sue scoperte, scrisse: «Vi è una forte, anche se indiretta prova, che il prolungato minimo solare (nell’originale: prolonged sun-spot minimum) sia stato caratterizzato da una profonda calma magnetica» [Soon, p. 144]. Gli argomenti a sostegno non mancano. L’enunciazione della teoria di Schwabe è stata un’autentica svolta nel modo di concepire il rapporto fra Terra e Sole; fino a quell’epoca infatti, si negava che l’attività solare fosse soggetta a meccanismi periodici. La definizione del ciclo undecennale però, apparsa la miglior soluzione a una serie di problemi derivanti dall’osservazione dell’astro, fu accolta come un dogma, il che ha fatto cadere ogni altra direzione d’indagine. In una prospettiva scientifica, ciò significa accantonare i limiti della conoscenza, col rischio di forzature preconcette per ciò che esuli dallo schema: «Nel corso di tempo in cui abbiamo compiuto le nostre osservazioni sul Sole, e che non è che un istante in confronto alla sua lunga vita, è un po’ presuntuoso pensare di essere stati tanto fortunati da aver visto tutti i possibili mutamenti che esso conosce; oppure pensare che lo spettro dell’attività solare ammetta lenti processi evolutivi di miliardi di anni e mutamenti immediati di undici anni (o anche meno), ma nessuna altra forma evolutiva intermedia» [Eddy, pp. 180 e 190].
Partendo da questo assunto, il peculiare andamento del Minimo di Maunder ha, in effetti, condotto a varie revisioni della periodizzazione interna. Si pensa, per esempio, che i tre supposti cicli -10 (b), -9 e -8 (1634-’67) in realtà siano stati soltanto due, cioè -10a (1634-’50 circa) e -8a (1650-’67), ciascuno comprendente parte del -9; questo scorporo spiegherebbe infatti il cambio di polarità, e la conseguente scomparsa delle macchie nell’emisfero nord del Sole (struttura monopolare), che si verifica verso il 1650 e permane sino al 1710 [Callebaut, p. 49.3]. Se tale interpretazione è esatta, la durata dei cicli -10a e -8a si avvicina a quella del ciclo di Hale (doppio ciclo di Schwabe). A rafforzare la tesi è il grafico a farfalla (butterfly diagram) ricostruito per il periodo 1666-1719 [Callebaut, p. 49.2], che mostra come l’attività si concentrò solo nei pressi dell’equatore solare: un evento affatto unico poiché, durante un ciclo normale, le regioni attive non emergono a latitudini così basse. Di qui l’ipotesi di cicli solari circa ventennali (long solar cycle) che avrebbero caratterizzato il Minimo di Maunder, e che apparirebbero confermati dalle concentrazioni di radiocarbonio negli anelli meristematici coevi [Makarov, pp. 194-195]. Ed è noto che a lunghi cicli è ascrivibile una frazionale ma progressiva perdita di irradianza, cosa che finisce per avere un impatto diretto sul bilancio termico terrestre.
Note
(a) La supposizione circa il termine del GC2 è connessa all’andamento del ciclo solare 23, che alla data del presente articolo mostra ancora segnali di prolungamento del minimo (regione 1014, comparsa il 7 marzo 2009).
(b) Il ciclo -10 corrisponde a quello già individuato come BM-1.
Bibliografia
D.K. CALLEBAUT, V.I. MAKAROV, A.G. TLATOV, Maunder Minimum According to New and Data Archive, in D. DANESY, S. POEDTS, A. DE GROOF, J. ANDRIES (editors), Proceedings of the 11th European Solar Physics Meeting (Lovanio, Belgio, 11-16 settembre 2005), Noordwijk, 2005, pp. 49.1-49.4 (cd-rom).
J.A. EDDY, Il clima e il ruolo delle condizioni solari, in R.I. ROTBERG, T.K. RABB (editors), Clima e storia, Milano, 1984, pp. 170-197.
V.I. MAKAROV, A.G. TLATOV, Polar Magnetic Field Reversals of the Sun in Maunder Minimum, in «Journal of Astrophysics and Astronomy», vol. 21, n. 3-4 (2000), pp. 193-196.
Z. MOURADIAN, Extended Gleissberg Cycle, in G. MARIS, M. MESSEROTTI (editors), Proceedings of the Regional Meeting on Solar Physics (Bucarest, Romania, 24-28 aprile 2001), Bucarest, 2002, pp. 56-60.
W. SOON, S.H. YASKELL, The Maunder Minimum and the Variable Sun-Earth Connection, Singapore, 2003.
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