Le misurazioni termiche sullo stato del riscaldamento globale possono generare facilmente confusione, in quanto si tratta di dati spesso poco uniformi e scarsamente omogenei. In talune situazioni si verificano delle discrepanze notevoli, tuttavia generalmente motivabili: le misurazioni in bassa troposfera non sono sempre raffrontabili con quelle al suolo ed il contributo delle terre emerse, nonostante queste ultime occupino ben meno spazio rispetto agli oceani, può talvolta risultare molto importante.
Nelle ultime settimane è successo quindi che vi abbiamo fornito delle notizie solo apparentemente in contrasto fra loro: inizialmente sono usciti i dati preliminari rilevati dai sensori satellitari in bassa troposfera, tutti proiettati verso un significativo calo delle anomalie di caldo ad ottobre rispetto agli ultimi mesi, ma il dato complessivo, derivante dalla raccolta di tutti dati terrestri (centraline al suolo e boe sugli oceani), non ha certo confermato lo stesso tipo di raffreddamento ed anzi alcuni Istituti hanno persino evidenziato un incremento degli scarti termici rispetto al mese precedente di settembre.
Si sono così posti degli interrogativi, ma vi sono situazioni oggettive e reali, che hanno portato a queste importanti discrepanze fra le misure satellitari, pur in bassa troposfera, e quelle al suolo: il forte raffreddamento degli Oceani, soprattutto a livello tropicale, per via della Niña strong, è una realtà assolutamente comprovata che va avanti da alcuni mesi. Le misurazioni a livello satellitare tengono maggiormente il polso di questi mutamenti e confermano come questo raffreddamento abbia già avuto delle ripercussioni anche a livello della troposfera.
Al tempo stesso, i sensori satellitari, per via della loro posizione in libera atmosfera, non sono certo in grado di catturare al meglio eventuali situazioni di forte anomalia che talvolta si esaltano e concentrano in prossimità del suolo, ovvero riguardanti le terre emerse. Ottobre ha infatti avuto a che fare con delle notevoli concentrazioni di caldo a livello dei continenti boreali e zone polari, che possiamo ben notare nella cartina plottata in basso (dati a cura dell’Earth System Research Laboratori).
La differenza è stata dunque fatta da forti riscaldamenti avvenuti in vaste aree di terre emerse, riconducibili anche attraverso particolari disposizioni dei centri barici che hanno generato in tal senso delle anomalie dovute a situazioni pressorie di blocco. Cosa succederà ora a novembre? Naturalmente a questo punto non resta che attendere i primi dati, tuttavia per una buona parte del mese (in riferimento soprattutto alle prime due decadi) si sono avute anomalie termiche molto positive, in parte analoghe al mese precedente ed ancora piuttosto rilevanti, sul Nord Emisfero (seppur meno marcate a livello dell’Artico), mentre ben pochi scarti dalla norma si sono rilevati sull’Emisfero Australe.