Chi avesse letto velocemente e in modo distratto l’articolo di ieri non avrà colto a sufficienza l’importanza di una riduzione di emissione di “gas serra” del 5% su scala globale. Già, perché apparentemente potrebbe sembrare un’inerzia rispetto alle enormi quantità di emissioni che annualmente finiscono in atmosfera. Ed allora a questo punto va detto che la riduzione complessiva del 5% non è uguale per tutti i Paesi.
Facciamo qualche esempio. I Paesi dell’Unione Europea sono tenuti a ridurre nel periodo 2008-2012 le emissioni di un valore pari all’8% rispetto a quello misurato nel lontano 1990.
Per gli Stati Uniti, nonostante le ricerche effettuate da importanti studiosi americani per conto dello stesso Presidente affermino la presenza dei cambiamenti climatici per cause imputabili all’uomo, la riduzione dovrebbe essere del 7%. Ancora inferiore per la Cina, con una riduzione del 6%.
Vi sono Paesi poi il cui sviluppo economico è ritenuto compatibile con la sostenibilità dell’ambiente e per i quali si prescrive un mantenimento dei livelli registrati nel 1990. Tra questi rientrano a pieno titolo la Russia (che come detto ha ratificato recentemente il Protocollo permettendone di fatto l’inizio della fase operativa), la Nuova Zelanda e l’Ucraina.
E nel ventaglio di possibilità vi sono dei Paesi che possono aumentare il livello di emissione. Citiamo ad esempio la Norvegia con un aumento del 1%, l’Australia con l’8% e l’Islanda con addirittura il 10%.
Ne scaturisce un quadro piuttosto complesso e variopinto, dove salta subito all’occhio il fatto che i paesi cosiddetti “industrializzati” sono quelli che hanno inquinato maggiormente e che pertanto dovranno attuare le strategie di lotta più restrittive per poter rientrare all’interno dei parametri sanciti dal Protocollo. Ma ciò che è significativo sottolineare senza un paino di monitoraggio cosi accurato le previsioni stimavano un aumento delle emissioni in atmosfera di circa il 20% rispetto ai valori dell’anno di riferimento.
Grazie invece alle misure decise a Kyoto si potrà raggiungere un grande risultato perché tutti questi Paesi dovranno effettivamente procedere ad un drastico taglio delle loro emissioni tendenziali (vale a dire se non ci fossero state azioni restrittive) del 25%, che di per se sarebbe già un gran risultato.
Esiste ancora un nodo piuttosto intricato da sciogliere. La sorte dei Paesi in via di sviluppo per i quali non e previsto nessun vincolo, onde evitare un brusco arresto dello sviluppo economico degli stessi. Si è pensato all’investimento in settori più “puliti” dal punto di vista ambientale, ma ciò significherebbe oneri e costi aggiuntivi che tali Paesi non sono disposti a pagare a meno che non vengano interamente accollati dai Paesi “sviluppati”.
Si corre il rischio che l’impegno dei Paesi industrializzati possa venire vanificato, con la possibilità che attorno al 2010 la quantità di emissioni rispetto al 1990 sia cresciuto complessivamente del 30%. Ma certamente verranno trovate le soluzioni ideali, che si discuteranno nell’ambito delle varie Conferenze Internazionali dove si presenteranno i primi risultati ottenuti.
Prima parte: https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=10816