Come già accennato in precedenti interventi sul meteogiornale, tutte o la maggior parte delle osservazioni fatte, squisitamente meteorologiche, hanno un valore assoluto ed immediato climatico, qualora esse si dovessero postelaborare, rendendo gli eventi in valori medi, la loro e relativa variabilità ed eventuali trend spalmata su un arco temporale di alcuni decenni, potrebbe avere un’evoluzione climatica non certa.
In effetti, come ampiamente trattato dagli studiosi del clima, la nostra conoscenza teorica del clima e del sistema Terra è ciò che più incide sui cambiamenti ed i fenomeni meteo. Tuttavia è sempre necessario considerare l’osservazione di altri elementi, come lo scambio radiativo fra Terra e spazio esterno, le concentrazioni di altre costituenti atmosferiche, le caratteristiche degli oceani (sotto il profilo non solo fisico, ma chimico ed anche biologico), le variazioni degli ecosistemi terrestri (laghi, fiumi, ghiacciai, flora e fauna e relativo concentrato della presenza umana).
Tra le tante cose, per avere una giusta visione sui cambiamenti climatici ipotetici, le banchise polari, insieme alle fluttuazioni solari, sembrano il principale oggetto del clima su media ed ampia scala. Sul suolo non coperto da acque o ghiacci, invece, risulta estremamente importante la copertura vegetativa (estensione) e con particolare riguardo ai monitoraggi dei fenomeni di siccità estrema, nonché i cambiamenti nell’uso del suolo di origini antropiche: tutto ciò dimostrerebbe, in una visione assolutamente d’insieme, che la stima della cosiddetta “albedo”, cioè del rapporto tra energia riflessa nello spazio terra/nubi/atmosfera e quella incidente (proveniente dal sistema Sole), ha un incidenza assoluta sui macro cambiamenti climatici nelle aree del Nord Emisfero.
Una fluttuazione statistica climatica, dall’osservazione di tutte queste variabili, si potrebbe riassumere, come tendenza media, media che mostra un rialzo dei valori termici costante e globali, delle fasi (picchi) “anomali”, scala 80/100 anni, rivisitati nella loro media ogni 8/10 anni. Solo la frequenza di questi “picchi” (controtendenze) ci potrà dare una reale visione dove il clima sta andando.
Ammesso che negli ultimi 100 anni ve ne siano stati 10/15 (forti anomalie negative), possiamo ipotizzare che altrettanti o forse più vi saranno nei prossimi 100 anni. Si desume quindi che il trend reale termico non possa essere più rappresentato dalla statistica assoluta, ma dall’ingerenza/frequenza che queste, più o meno pesanti anomalie, avranno nel futuro. A mio avviso la memoria storica del clima ha una notevole importanza, ma andrebbe resettata almeno ogni 80 anni circa.