La “Piccola Età Glaciale”, estesa tra il XVI ed il XIX Secolo, non fu un periodo di grande freddo continuativo, ma di temperature mediamente più basse di adesso (di circa 1°C), con “punte” estreme di freddo, alternate a periodi di clima decisamente più mite.
Uno di questi forti periodi di freddo, riscontrato tra l’altro da una delle massime espansioni di sempre dei Ghiacciai alpini, si verificò nel corso del decennio 1810-20.
Questo periodo di grande freddo è stato attribuito finora alla possente eruzione del Monte Tambora, in Indonesia, che, nell’Aprile del 1815, scaraventò in atmosfera circa 150 miliardi di metri cubi di roccia, ceneri, ed altri materiali piroclastici.
Le polveri più sottili finirono in Stratosfera, raffreddando sensibilmente il clima, tanto che nel 1816 si verificò nell’Emisfero Settentrionale il celebre “anno senza Estate”.
Tuttavia, non si può attribuire al solo ruolo del Monte Tambora il fatto che il clima stesse subendo un deciso raffreddamento, che ha preso il via poco dopo il 1810.
Le spiegazioni possibili di questa rigidissima decade sono due: la presenza di un minimo solare molto accentuato (chiamato “Minimo di Dalton”, con inizio verso la fine del Settecento), e la presenza, come concausa, di polveri vulcaniche eruttate in esplosioni ancora sconosciute.
Quest’ultima ipotesi ha trovato recentemente una conferma: una equipe di studiosi francesi e statunitensi, dell’Università di San Diego, ha esaminato campioni di ghiaccio (le ben note “carote”), estratte dalle calotte Antartiche e Groenlandesi.
Sono state dunque ritrovate tracce di una notevole quantità di acido solforico di origine vulcanica di una grande eruzione, finora sconosciuta, risalente agli anni tra il 1809 ed il 1810, quando iniziò il periodo di grande freddo a livello globale.
Si stima che questa grande eruzione sconosciuta abbia gettato nell’atmosfera almeno la metà delle polveri immesse dall’eruzione del Tambora.
Se a questa eruzione appena scoperta, aggiungiamo anche le due eruzioni storicamente documentate del 1811 (Vulcano Mayon, nelle Filippine) e del 1812 (Vulcano Soufriere, nei Caraibi), arriviamo ad un lungo periodo di attività vulcanica al di fuori della norma, abbracciante gli anni compresi tra il 1809 ed il 1816, che immise nella nostra atmosfera grandi quantità di polveri ed acidi solforici, in grado di riflettere l’energia solare in arrivo.
Ecco quindi una possibile spiegazione dell’abbassamento di temperatura consistente verificatosi in quel gelido decennio, anche se, come concausa, non si deve perdere di vista la presenza di un minimo solare molto accentuato della durata di una cinquantina d’anni.
E’ da notare, semmai, che finora, nei tempi moderni, non era mai stata verificata la presenza di due grandissime eruzioni vulcaniche a così poca distanza di tempo, a testimonianza che forse, nel passato, l’attività vulcanica può avere contribuito al verificarsi quanto meno dei “picchi” di gelo presenti nella Piccola Età Glaciale.