Raffaello Barberini, mercante e viaggiatore fiorentino (1532-1582) ci ha lasciato un pittoresco resoconto del viaggio da lui compiuto in Russia dall’agosto 1564 all’aprile 1565: erano gli anni in cui stava nascendo il grande impero russo, per merito del celebre Ivan il Terribile, dapprima granduca di Moscovia col nome di Ivan IV e poi, dal 1533, zar di tutte le Russie, col nome di Ivan I.
Accanto a dettagliate descrizioni di paesaggi naturali, città, popoli ed usanze, il Barberini si dilunga per alcune pagine a descrivere il grande freddo di quel memorabile inverno. Ad un certo punto della relazione, infatti, scrive: “Però quest’anno passato, ch’io ci sono stato, dicono sono stati li più gran freddi che non sono avvenuti simili in 50 anni. Io lo credo, per avervi visto cose appena credibili e che eccedono il pensamento umano; oltre che in questi paesi bassi di Fiandra e in Alemagna e in molto altri luoghi, (….) si sono seguite cose per li freddi più che ordinarie, le quali non ci è uomo si ricordi di simili. Però (perciò) posso tanto più crederlo, poi che in molte regioni è stato generale”. Quindi, l’inverno non fu freddissimo solo in Russia, ma anche nelle Fiandre, in Germania ed in quasi tutta Europa.
Faceva così freddo che ghiacciava anche l’acquavite: “Hannomi detto quelli popoli non aver più visto ghiacciata l’acqua di vita che quest’anno. (…..) ho trovato molte genti morte e bestiami, come buoi e cavalli, e alcuni uomini che erano già gelati e erano allo estremo, che con coltelli per forza gli aprimmo la bocca e con detta acqua di vita camporno (camparono) (…) ho visto cavalli camminando sfendergli la carne e la pelle per il freddo, come se fosse tagliato, ho sentito di notte arbori nelli boschi scoppiare e sfendersi e similmente li legnami delle case”.
Molto efficace è anche la descrizione degli strati di ghiaccio che si formavano attaccati ai vetri delle finestre all’interno delle isbe, le quali praticamente rimanevano sempre al buio anche di giorno.
Ma quando finì tutto quel freddo? Tardi, molto tardi.
Nell’aprile 1565, infatti, il Barberini decide di rientrare ad Anversa, dove risiedeva da qualche anno. La comitiva di cui fa parte, per evitare d’attraversare la Polonia in guerra decide d’imbarcarsi via mare; ma il Baltico, di fronte alle coste dell’Estonia, è ancora coperto da una spessa banchisa, tanto che i viaggiatori attraversano su slitte il mare fino all’isola di Sarumaa (che allora di chiamava Oesel, in tedesco), posta a NW del golfo di Riga.
Ma facciamo parlare il nostro cronista: “…ci mettemmo sul mare con le scilede (slitte) e andammo ad una isola di Osele (Sarumaa) e ivi bisognette ch’io tardassi alquante settimane che ogni giorno andavamo a spasso a passare il tempo sul mare, e questo sino alli 28 d’aprile. Ma allora, avendovi gran forza il sole, indeboliva forte il ghiaccio; però, sopravenuto un vento favorevole, ruppe tutto e restò il mare aperto. Ma con tutto ciò bisognette aspettar due giorni per mettersi in sul mare con navilii, perché ondeggiano pezzi grandissimi di ghiaccio per tutto (…) Ora concludo che il detto mare in quelle parti era serrato e ghiacciato almeno cinque mesi de l’anno e di sorte tale che questo inverno, ch’io dico, sono passate genti attraverso al mare, cioè di Livonia (regione fra l’Estonia e la Lettonia) in Sueda (Svezia) “.
Avete letto bene: in pieno aprile il Baltico, almeno al largo delle coste estoni, era ancora coperto da una spessa banchisa che si ruppe solo il 28 del mese. E bisognò aspettare i primi di maggio perché il mare fosse libero abbastanza da consentire la navigazione. E quell’inverno la banchisa si era formata presumibilmente già ai primi di dicembre permettendo alla gente di attraversare tranquillamente il mare con le slitte fino alla Svezia!!
Bibliografia: Raffaello Barberini “La relazione di Moscovia” in “Scopritori e viaggiatori del Cinquecento Tomo II” a cura di Ilaria Luzzana Caraci – Riccardo Ricciardi Editore, 1996