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Il disastro di Molare del 1935: gli errori e la vicenda giudiziaria (terza parte)

di Giovanni Staiano
21 Ago 2012 - 08:27
in Senza categoria
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Nelle immagini (fonte www.molare.net) i resti del ponte ferroviario in Loc. Ghiaia e una vista d'insieme dell'alveo sempre nei pressi del suddetto ponte, poche ore dopo la catastrofe del 13 agosto 1935.
il disastro di molare del 1935 gli errori e la vicenda giudiziaria terza parte 22033 1 2 - Il disastro di Molare del 1935: gli errori e la vicenda giudiziaria (terza parte)
I dispositivi di scarico della diga principale erano in grado di smaltire una portata massima di 855 mc/sec. Scrisse l’ing. Cannonero nel 1935: “Non si riesce a comprendere in forza di quali profondi studi la Società concessionaria abbia potuto assumere come base per il calcolo degli apparecchi di scarico soltanto 6 mc/sec per kmq di bacino imbrifero”. Tale considerazione mette in luce come il progetto dell’invaso non fosse supportato da alcun calcolo fondato da dati effettivi e/o serie storiche (fatta eccezione per veloci valutazioni nell’arco dei tre anni riportate nel progetto del 1897) a supporto della valutazione della capacità di scarico. Inoltre, la valutazione delle portate che caratterizzarono l’evento del 1935 non fu effettuata sulla base di dati pluviometrici puntuali riferiti a Ortiglieto in quanto la direzione delle OEG non ritenne necessaria l’installazione di stazioni pluviometriche di monitoraggio. I valori a disposizione furono ricavati da aree limitrofe e furono oggetto di molte discussioni in sede giudiziaria.

Come detto, la stazione pluviometrica di loc. Lavagnina (torrente Piota a circa 25 km a NE di Ortiglieto) registrò l’incredibile valore di 554 mm in 8 ore. Per avere un’idea dell’intensità di una simile precipitazione ricordiamo che durante l’alluvione del novembre 1994 in Piemonte, il pluviometro regionale di Oropa (Valle Sesia, 1186 m sul livello del mare) registrò una precipitazione complessiva su 4 giorni di 567,2 mm (con valore massimo giornaliero di 311 mm). La maggioranza dei valori pluviometrici riferiti all’evento del 1935 per la Valle Orba e Stura sono riconducibili ad una precipitazione di durata non superiore alle 12 ore e sono valori decisamente maggiori a quasi tutti quelli ricavati per l’evento alluvionale del 1994 che si sviluppò nell’arco di 4-6 giorni, e sono nettamente superiori anche a quelli del 7 ottobre 1977, altra data di alluvione storica, quando all’Ortiglieto caddero 195 mm in 6 ore, 330 in 12 ore e 400 in 24 ore; però simili a quelli raggiunti nel bacino dell’Orba, precisamente nella valle dell’affluente Stura, tra il 4 e il 5 novembre 2011, quando caddero 120 mm in un’ora a Campo Ligure e quasi 500 mm in 12 ore a Rossiglione.

Il 14 Agosto 1935 una commissione tecnica nominata dal Ministero dei Lavori Pubblici si recò a Ortiglieto per constatare la dinamica dell’evento. La commissione evidenziò il perfetto stato di conservazione della diga principale.

Il 28 Agosto 1935 il Podestà di Ovada intimò tramite una lettera-ordinanza le OEG a provvedere al risarcimento dei danni. Naturalmente le OEG fecero ricorso sostenendo che il disastro non fu dovuto in alcun modo all’impianto di Ortiglieto ma alle imponenti precipitazioni che determinarono un altrettanto imponente piena dell’Orba. Le OEG, avvalendosi di un gabinetto tecnico e legale di tutto rispetto, non solo fecero valere le proprie ragioni ma addirittura sostennero che il Podestà con la sua ordinanza era andato contro la legge.

Il disastro di Molare innescò una vicenda giudiziaria che vide l’epilogo il 4 Luglio 1938 con l’assoluzione di tutti i dodici imputati, 10 dirigenti dell’OEG e due tecnici addetti alla Centrale, ai quali si faceva carico di avere omesso le segnalazioni del pericolo del disastro. Il merito delle assoluzioni del personale tecnico-dirigenziale è in parte imputabile alla competenza tecnico-legale della difesa ma anche, e soprattutto, alla inadeguatezza del pubblico ministero. Il procedimento si dibatté alla Sezione Istruttoria presso la Corte di Appello di Alessandria. Interessante è la “Relazione Tecnica nel Processo Penale – Sulla Rottura della Diga di Sella Zerbino (Molare 13 Agosto 1935)” redatta dal Prof. Giulio De Marchi (Ordinario di Idraulica nel Politecnico di Milano) nel Settembre 1937. Tale documento rappresenta in sostanza una consulenza tecnica di parte a favore delle imputate OEG. Il Prof.De Marchi (1890 – 1972) è considerato sicuramente una delle figure più importanti dell’idraulica italiana ed internazionale. I punti salienti della sua relazione sono senza ombra di dubbio:
1) l’evento pluviometrico del 13 agosto non aveva precedenti a memoria d’uomo
2) l’impianto di Ortiglieto era progettato a norma di legge;
3) gli scarichi erano più che sufficienti a smaltire tutte le precedenti piene di cui si aveva notizia per l’Orba
4) un ipotetico malfunzionamento dello scarico di fondo e/o della valvola a campana fu del tutto irrilevante rispetto ai valori di portata del torrente il giorno 15 (superiore a 2000 mc/sec).

Così come nella progettazione dell’invaso, anche durante il processo la figura del geologo non fu considerata. Il fatto stesso che la consulenza tecnica del Prof.De Marchi fosse totalmente improntata all’aspetto idraulico è molto indicativo. Il Disastro di Molare fu un disastro prettamente idraulico? Nel 1923 la Diga del Gleno crollò per deficienze strutturali, 36 anni dopo il Vajont evidenziò a tutto il mondo l’importanza della geologia nella progettazione di un invaso. Alla luce di questo eventi si può ancora affermare che il disastro di Molare fu solo un grande esempio di errato dimensionamento delle opere di scarico? I periti dell’OEG riuscirono a dimostrare che le opere di scarico erano sì insufficienti a smaltire la piena del 13 agosto, ma che era impensabile un evento meteorico così imponente. Tutto questo in risposta all’accusa sostenente la tesi che in realtà vi fossero stati altri eventi paragonabili a quello in questione. Non venne fatto nessun riferimento all’idoneità del sito scelto per l’invaso da parte dell’accusa. Questo fu un gravissimo errore.

La diga principale alta più di 40 metri resse alla spinta del Lago, non così la diga secondaria alta poco più di 10 m. La ragione di questa apparente contraddizione è da ricercarsi nella geologia. Per puro caso, la diga principale era stata costruita in un settore caratterizzato da rocce relativamente compatte, mentre la diga secondaria fu realizzata in una fascia fortemente fratturata. Cosa sarebbe accaduto se i due sbarramenti fossero stati eretti su roccia compatta? Avrebbero resistito alla spinta? Sarebbe crollata la sola diga secondaria senza il collasso dell’intera sella con una conseguente ondata di minori dimensioni? Sarebbe crollata la diga principale con conseguenze altrettanto devastanti a quanto accaduto? Quel che è certo è che l’invaso non doveva essere progettato in quel sito perché quest’ultimo non era idoneo in considerazione delle poche ed errate valutazioni geologiche ed idrologiche.

Si ringrazia per il materiale messo a disposizione il sig. Vittorio Bonaria, curatore del sito www.molare.net.

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