Sicuramente il paese più selvaggio d’Europa, l’Islanda, terra dei ghiacci ma anche del fuoco per la presenza di numerosi vulcani attivi, si trova lungo la linea di frattura che taglia in due tutto l’Atlantico, segnando in pratica la separazione tra la zolla continentale europea e quella americana. Questa linea di frattura emerge in superficie sulla superficie islandese, a est di Reykjavik, in un canyon denominato Almannagja, nel parco nazionale Thingvellir, luogo anche di forte valore storico come sede delle prime riunioni dell’Althing, assemblea parlamentare islandese, ivi tenutesi dal 930 al 1798.
Il vulcanesimo segna profondamente tutta l’isola. Risale a pochi anni fa l’ultima eruzione del vulcano Grimsvotn, nella zona del Vatnajokull, con il conseguente fenomeno dello jokulhlaup (un termine tutto islandese che indica il traboccamento di un lago subglaciale, originato dalla fusione dei ghiacci conseguenti all’attività vulcanica), con conseguente spaventosa ondata di piena, in questo caso lungo la valle dello Skeidara, con distruzione di ogni manufatto nella zona interessata (fortunatamente disabitata, anche perché non di rado soggetta a queste piene distruttive), compreso un tratto della Ring Road, unica vera strada del paese, comunque rapidamente ricostruita. Ma anche recente è l’eruzione del vulcano Helgafell (dopo 6000 anni di sonno) a Heimahey, l’unica abitata fra le isole Vestmann, nel 1973; l’isola fu evacuata evitando vittime, ma fu sepolta da metri di ceneri e lapilli, eppure è stata rapidamente ricostruita e anzi la colata ha creato un promontorio che ripara il porto dalle tempeste.
Ma il vulcanesimo origina anche i geyser (il termine viene proprio dall’islandese Geysir, la località dove c’è il più famoso di questi getti periodici di acqua bollente e vapore, lo Strokkur) e le altre manifestazioni geotermiche, così importanti per il paese, visto che gli forniscono energia, alimenti (le serre riscaldate con energia geotermica osipitano anche colture mediterranee) e occasioni di svago, come la balneazione nella famosa Laguna Blu presso Reykjavik.
Anche molte delle bellezze naturali di cui l’isola è ricchissima vanno fatte risalire al vulcanesimo, come le straordinarie cascate (Gullfoss, Svartifoss, Dettifoss), quasi tutte dovuti a salti che i torrenti fanno gettandosi da tavolati di basalto, roccia appunto vulcanica.
L’Islanda è un vero laboratorio di geologia e un esperimento che la natura ha deciso di far fare all’uomo dal vivo è la nascita di un isola e l’osservazione di come da un blocco di lava in pochi decenni vi arrivi la vita, in forme man mano sempre più complesse, come sta accadendo su Surtsey, nelle isole Vestmann, nata dal mare per un eruzione nel 1963.
Ma questo non è un sito di geologia, bensì di meteorologia, per cui andiamo a parlare di clima. Se è un paradiso per i geologi, l’Islanda è ben nota anche a climatologi e appassionati meteo, in quanto sede preferita, insieme ai mari circostanti, di una depressione semi-permanente, fondamentale, come ben sappiamo, nel dettare il clima su tutta Europa e parte dell’Asia. La lotta tra la depressione d’Islanda e, più a sud, l’alta pressione delle Azzorre, per il predominio del clima sull’Europa è, come sappiamo, continua e quando vince la prima il fronte polare scende a latitudini più basse e abbiamo autunni piovosi e, purtroppo, a rischio nubifragi, ma anche inverni con tanta neve sui nostri monti (come avvenuto nell’autunno-inverno 2000-2001), mentre quando vince il secondo abbiamo dolci ottobrate, ma anche inverni secchi, con prati montani bruciati dal gelo ma non coperti dalla neve, come avvenuto nell’autunno-inverno 2001-2002.
Il fatto che vi abbia sede una depressione semipermanente ci dice subito che l’Islanda non è un paese dove il tempo bello stabile sia frequente; al contrario si ha una estrema variabilità, un po’ in tutti i periodi dell’anno, in quanto nell’ambito della struttura depressionaria si creano promontori e saccature che si susseguono con ritmo serrato, con rapidi cambiamenti delle condizioni atmosferiche, sia dal punto di vista del cielo che delle temperature.
L’elemento più importante del clima islandese è la Corrente del Golfo, che bagna le coste meridionali, occidentali e sud-orientali, mitigando fortemente il clima invernale nelle relative zone costiere. Nettamente più freddi gli inverni nel nord, dove il mare in genere gela nei mesi più freddi, e ovviamente nell’entroterra. L’isoterma di gennaio supera lo 0°C nelle zone costiere più riparate, mentre è sotto i -5°C nell’interno.
Sulle coste, in particolare la sud, la presenza del mare, tanto portatore di mitezza invernale quanto di fresco in estate, e la ventilazione spesso sostenuta attenuano molto le escursioni sia giornaliera che stagionale, caratterizzando il clima come oceanico fresco, simile a quello delle Lofoten e della costa nord norvegese. In estate l’isoterma è sui +11°C sia sulla costa sud che sulla nord, scendendo a 8°/9°C nella zona dei fiordi nord-occidentali, quella parte di costa molto frastagliata protesa verso la Groenalandia, e sui 7°/8°C negli altopiani dell’interno.
L’autunno e la primavera non hanno quindi molta differenza di temperatura con l’inverno e, come sono frequenti i casi in cui in pieno inverno Reykjavik è bagnata dalla pioggia, così già in ottobre ovvero in maggio i fronti freddi sono capaci di portare nevicate improvvise. Bufere di neve sono possibili nell’interno e sui rilievi in tutti i periodi dell’anno, anche in piena estate, nell’ambito di quella estrema variabilità che fa dire agli islandesi “Se non ti piace il nostro clima, aspetta un minuto”.
Altra caratteristica peculiare del clima islandese è l’influenza dei ghiacciai, ma in particolare della grande calotta del Vatnajokull. Da questa, e in misure minore da altre calotte glaciali minori, scendono violenti vanti catabatici, dovuti alla massa d’aria fredda discendente, che nei sandur, le vaste distese di terreno molto permeabile, quasi prive di vegetazione, che occupano le zone basse intorno alla calotta, causano spesso tempeste di sabbia.
Proveniendo le masse d’aria umida spesso da SW, sul versante nord del Vatnajokull si ha una zona d’ombra pluviometrica, mentre al contrario sul versante sud il contrasto fra i venti freddi discendenti dal ghiacciaio e le masse d’aria umida e mite che arrivano dall’Oceano è tale da esaltare l’instabilità e provocare abbondanti precipitazioni, intorno ai 1500 mm/anno. Punte oltre i 2000 mm si hanno sui pendii esposti a sud/sudovest del Vatnajokull e anche del Myrdalsjokull. Tutta la costa meridionale riceve più di 1000 mm/anno, quella occidentale è sugli 800-900 mm, valori molto più bassi si registrano nel nord, nell’est e nell’interno, particolarmente sottovento alle aree montuose.
Partiamo ora alla scoperta del paese, partendo da Reykjavik, la capitale più a nord del mondo, città vivacissima, con intensa vita culturale e notturna. Reykjavik, sulla costa ovest, riceve 820 mm/anno di precipitazioni, con massimo in autunno e inizio inverno (85 mm/mese da ottobre a gennaio) e minimo in tarda primavera (45 mm in maggio e giugno). Le temperature medie (tutte in °C) sono -0,3° in gennaio, 2,9° in aprile, 11,1° in luglio, 4,5° in ottobre (4,6° media annua). La vicina Keflavik, protesa sulla penisola che divide la costa ovest da quella sud, più aperta alle correnti oceaniche, riceve 1068 mm/anno, con identico regime pluviometrico, e ha ancora minore escursione stagionale (gennaio -0,1°, luglio 10,3°).
Usciti da Reykjavik a sudest, la Ring Road supera il bivio per Geysir e la cascata Gullfoss (oltre una pista sfiora il ghiacciaio Langjokull e raggiunge la solfatara di Hveravellir, coi suoi getti di vapore surriscaldato e le incrostazioni giallastre di geyserite e zolfo sul terreno), quindi Skogar nei pressi del quale è la bella cascata Skogafoss, percorrendo poi il Myrdalssandur, l’area desertica sul versante sud del Myrdaljokull, zona anch’essa spesso devastata da jokulhlaup.
Qui a sud dell’isola principale sorge l’arcipelago delle Vestmann, con Surtsey e Heimahey, l’unica abitata. La marittimità del clima e le conseguente mitezza invernale sono qui più evidenti; abbiamo 1,5° in gennaio, 3,9° in aprile, 10,8° in luglio, 5,4° in ottobre (media annua 5,5°). Notevoli le precipitazioni: 1385 mm/anno, con massimo in ottobre (152), ma 130-150 mm/mese in tutto il periodo settembre-febbraio, e minimo in giugno-luglio (circa 80 mm).
Superato il fiume Skafta (la cui valle è risalita da una pista che porta all’attraversamento della fessura eruttiva Eldgja e alla sorgente geotermica Landmannalaugar, circondata da rilievi montuosi dove il grigio delle lave si alterna al giallo, per la geyserite ricoperta di zolfo) inizia la traversata dello Skeidararsandur. Tre ponti attraversano lo Skeidara e due fiumi minori e sono questi letti a ricevere le masse impetuose e devastatrici degli jokuhlhaup, ma già nel normale disgelo estivo la forza delle acque è immensa.
Proseguendo dappresso al versante meridionale del Vatnajokull (calotta di 8400 kmq) si supera il bivio per Skaftafell, Parco Nazionale (straordinaria la cascata Svartifoss fra colonne di basalto), si costeggia i bellissimi laghi Fjallsarlon e Jokulsarlon e si raggiunge il villaggio di Hofn. Anche qui piove tanto: 1383 mm/anno, con massimo in ottobre (175 mm) e massimo secondario in dicembre-gennaio (140); il minimo è invece in estate (77 mm in giugno e luglio). L’estate è fresca e breve: -0,1° in gennaio, 3,1° in aprile, 10,1° in luglio, 4,7° in ottobre.
Per ora ci fermiamo qui. Proseguiremo il viaggio lungo la Ring Road alla scoperta del clima e delle meraviglie d’Islanda nella prossima puntata.