La misura delle temperature a 10 metri di profondità nella calotta polare ha dunque permesso di ricostruire le isoterme delle medie annuali per gran parte dell’Antartide. Questo metodo tuttavia, non è valido per stabilire gli andamenti stagionali e mensili: che, molto meno conosciuti (Turner, p. 27), rimangono legati al rilevamento diretto e continuo dei parametri termici, ottenuto dalle basi permanenti o dalle Aws.
Proprio in relazione a questo aspetto emerge una difficoltà legata alla ripartizione del ciclo stagionale. Come si è già avuto modo di sottolineare (vedi https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=10222), le caratteristiche del clima antartico non consentono di rifarsi alla stagionalità canonica, anche se lo standard internazionale lo prescrive. In alcuni studi il problema è stato affrontato scomponendo per decadi i dati meteorologici; alla base Dumont d’Urville (66°40′ lat. S, 140°01′ long. E, quota 43 metri) per esempio, la definizione che ne è emersa è la seguente:
estate: dalla fine di novembre a febbraio;
autunno: da marzo ad aprile;
inverno: da maggio ai primi di ottobre;
primavera: dalla metà di ottobre alla metà di novembre.
In questo caso però, si tratta di un sito costiero (nella Terra Adelia: è il più importante centro di ricerca antartica francese); ma, com’è stato fatto rilevare «questa classificazione non è appropriata per tutte le stazioni antartiche» (King, pp. 85-86).
In particolare, all’interno del plateau, le condizioni descritte e la brevità della stagione di transizione, connessa al rapido raffreddamento che segue la conclusione dell’estate, impongono una ripartizione diversa. Quella qui proposta riguarda Amundsen-Scott, poiché il clima della regione intorno al Polo Sud è il più conosciuto e il meglio indagato (oltre alla base permanente, entro l’89° lat. S sono in funzione cinque Aws); il metodo, in questo caso, prende in considerazione le temperature medie quotidiane del periodo 1957-’97 (fonte Amrc) e stabilisce un limite di -30 °C per la stagione più calda e di -50 °C per le due di transizione:
estate: dall’8 dicembre al 25 gennaio;
autunno: dal 26 gennaio al 4 marzo;
inverno: dal 5 marzo al 21 ottobre;
primavera: dal 22 ottobre al 7 dicembre.
Secondo questo criterio, al Polo Sud la durata dell’inverno è superiore ai sette mesi e mezzo, mentre quella dell’estate si riduce ad appena 49 giorni. Il cuore della stagione fredda si raggiunge tra il 22 e il 24 agosto, quando la media tocca i -61,3 °C, mentre il clou dell’estate si situa tra il 29 dicembre e il 2 gennaio, con una media di -25,3 °C. È inoltre sorprendente rilevare come, in soli 38 giorni autunnali, la media crolli di 20,0 °C, passando dai -30,3 °C del 26 gennaio ai -50,3 °C del 5 marzo (-0,53 °C/giorno), mentre la primavera necessiti di un tempo più lungo (46 giorni) per risalire dai -49,8 °C del 22 ottobre ai -29,5 °C dell’8 dicembre (+0,44 °C/giorno).
Tale suddivisione, pur con qualche ritocco, è pensabile possa adattarsi anche a Vostok e a gran parte del plateau orientale, almeno fino a circa 80° lat. S (più a nord, come si è visto per Dome C, la componente astronomica impone un calendario diverso).
Bibliografia e abbreviazioni:
J.C. King, J. Turner, Antarctic Meteorology and Climatology, Cambridge, 1997.
J. Turner, The Meteorology and Climatology of the Antarctic Plateau, in «Memorie della Società Astronomica Italiana – Supplementi», vol. 2, n. 26 (2003), pp. 26-31.
Amrc = Antarctic meteorological research center
https://amrc.ssec.wisc.edu/