Prefazione a cura di Massimo Aceti
L’inverno che stiamo vivendo e che si avvia alla conclusione, ha risvegliato in tanti la preoccupazione per i cambiamenti climatici che si stanno realizzando sul nostro pianeta, ed in particolare nell’emisfero settentrionale, forse più rapidi di quello che si poteva supporre fino a pochi anni fa. L’occorrenza nello spazio di pochi anni di due stagioni eccezionali, quali l’estate 2003 e l’autunno/inverno 2006/2007 ci pone davanti ad un quesito a cui ancora non sappiamo dare risposta certa: si tratta di un semplice ciclo climatico o dei primi effetti tangibili del Global Warming originato dalle attivitè umane? A queste domande da anni tenta di dare risposta il mondo scientifico, prediligendo a maggioranza le teoria secondo cui il Riscaldamento Globale di quest’ultimo secolo, e soprattutto degli ultimi 30 anni, ha una causa primariamente antropica.
Anche l’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) punta il dito sulle responsabilità umane, che vengono considerate oramai certe. Il MeteoGiornale ha sempre mantenuto un atteggiamento prudente e il più possibile equilibrato su questo argomento, cercando di dare spazio a tutte le voci e teorie possibili e senza mai dimenticare che, influenze sul clima o meno, molte sostanze inquinanti fanno male innanzitutto alla salute di tutti noi, e questo sarebbe già di per sé un valido motivo per limitarne le emissioni.
In questo articolo, primo di una serie, vogliamo riportare la relazione di Vincenzo Ferrara – noto e stimato climatologo dell’ENEA – che si rifà ai precedenti rapporti dell’IPCC ma che possiamo considerare nei suoi principali aspetti confermata dall’ultimo rapporto, e di cui ci è stata concessa l’autorizzazione alla pubblicazione.
Nella prima parte di tale relazione, pubblichiamo una esauriente spiegazione di ciò che si intende per “effetto serra” e le differenze tra effetto sera “naturale” ed effetto serra “antropico”, quest’ultimo causa principale, secondo la gran parte degli studiosi, del Riscaldamento Globale.
La problematica clima nel contesto negoziale
V. Ferrara, ENEA
1. Il clima che cambia e le strategie internazionali dell’ONU
La possibilità che vi sia un cambiamento climatico dovuto a cause non naturali e la preoccupazione che in futuro questo cambiamento possa rapidamente diventare più marcato, nasce dall’osservazione di alcuni sintomi di una malattia del pianeta che è la crescita dell’effetto serra, ovvero del sommarsi di un effetto serra “non naturale” provocato dalle attività umane, all’effetto serra “naturale” dovuto alla composizione naturale dell’atmosfera. Questo effetto serra aggiuntivo, e non naturale, è stato ricostruito a partire dal 1860 e di recente, valutato anche quantitativamente in termini di flusso aggiuntivo di energia in atmosfera, flusso che è pari a circa 2,6 watt/m2, e corrisponde a poco meno del 2% dei flussi medi naturali. Questa energia aggiuntiva, che circola all’interno del sistema climatico terrestre, deriva dall’aumento di concentrazione in atmosfera di gas e composti provenienti dalle attività umane ed in particolare dall’uso di combustibili fossili.
La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, il principale gas ad effetto serra, è aumentata mediamente del 33% a partire dal 1860, e sta aumentando in questi ultimi anni al ritmo del 1% per anno. In futuro tale concentrazione è destinata ad aumentare a tassi sempre più elevati, se le tendenze attuali non saranno modificate. La crescita dell’anidride carbonica in atmosfera è causata soprattutto allo squilibrio complessivo tra emissioni globali di anidride carbonica provenienti dalle attività umane (che ammonta, secondo gli ultimi dati al 2002, a circa 6.5 miliardi di tonnellate di carbonio per anno) ed assorbimenti globali naturali da parte del suolo degli oceani e degli ecosistemi terrestri e marini (attraverso la fotosintesi e la produzione e l’accumulo di biomassa e sostanza organica), assorbimenti che sono valutati essere inferiori a circa 3 miliardi di tonnellate di carbonio per anno.
In pratica, le capacità “naturali” globali di assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica (denominati “sinks” globali) sono in grado di sottrarre all’atmosfera ed immagazzinare (come materiale organico) solo circa la metà delle emissioni antropogeniche globali, il resto si accumula in atmosfera e vi permane per periodi medi compresi fra 70 e 100 anni e comunque compresi fra un minimo di 5 anni e un massimo di 200 anni. E’ proprio questo accumulo quello che provoca l’effetto serra “aggiuntivo” all’effetto serra “naturale”, e che determina a sua volta anche un maggiore presenza di calore ed energia nel sistema climatico.
L’anidride carbonica e gli altri gas di serra stanno, in pratica, cambiando le capacità termiche dell’atmosfera, introducendo una perturbazione energetica capace di spostare l’equilibrio naturale esistente del clima e le naturali fluttuazioni di questo equilibrio. Quantunque questa perturbazione appaia, come detto prima, piccola (2%), essa è stata comunque capace di modificare in questi ultimi 150 anni, ma soprattutto in questi ultimi 25 anni, gli equilibri climatici. Tuttavia, ciò che preoccupa di più gli scienziati (IPCC, TAR 2001) non è tanto il cambiamento climatico in quanto tale, ma la velocità con cui sta avvenendo tale cambiamento, tanto che nei prossimi decenni, e comunque prima del 2100, la perturbazione energetica potrebbe addirittura raddoppiare o triplicare a seconda di come si svilupperanno le attività umane connesse con l’uso dei combustibili fossili, portando la crescita di temperatura media globale da 0.6 °C finora osservata in questo ultimo secolo fino a valori compresi fra 1.5 e quasi 6 °C, nei prossimi 100 anni.
Con i cambiamenti del clima si produrranno effetti ed impatti di varia entità, alcuni dei quali saranno certamente positivi e benefici, ma altri saranno negativi o avversi, e alcuni perfino gravi ed irreversibili. Le maggiori conseguenze negative saranno subite da quei sistemi ambientali, ecologici, sociali ed economici che sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici.
La comunità internazionale di esperti e scienziati che ha partecipato ai lavori di un comitato tecnico scientifico delle nazioni Unite, denominato IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), pur riconoscendo le incertezze che esistono sulle conoscenze del sistema climatico e della sua evoluzione in relazione a perturbazioni provenienti dalle attività umane, non solo è convinta che i cambiamenti del clima globale sono già in atto, ma ritengono anche che i futuri cambiamenti climatici saranno ormai inevitabili, dal momento che esistono lunghi tempi di ritardo fra cause ed effetti nei processi climatici.
Le uniche azioni efficaci, che allo stato attuale possiamo ragionevolmente intraprendere, sono quelle di attuazione delle strategie indicate dalle Nazioni Unite nella Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992) e riportate anche nel Protocollo di Kyoto (sottoscritto dai Paesi ONU nel 1997). Le strategie delle nazioni Unite sono fondamentalmente due: la strategia della mitigazione dei cambiamenti climatici e la strategia di adattamento ai cambiamenti del clima.
La strategia della mitigazione dei cambiamenti climatici affronta il problema delle cause antropiche che provocano i cambiamenti climatici, ed agisce, in particolare, sulla riduzione delle emissioni “nette”, con obiettivi che, da una parte tendano a ridurre le emissioni antropiche di gas ad effetto serra e, dall’altra parte, tendano a potenziare gli assorbitori di tali gas per sottrarli all’atmosfera, immagazzinarli o, comunque, immobilizzati affinché non interferiscano col sistema climatico.
La strategia di adattamento affronta, invece, il problema degli impatti dei cambiamenti del clima ed agisce sulle conseguenze ambientali e socio-economiche che derivano dai cambiamenti climatici con obiettivi che da una parte tendano a prevenire i possibili impatti negativi e a minimizzare i danni prevedibili e, dall’altra parte, tendano a ridurre la vulnerabilità territoriale ed ambientale ai cambiamenti climatici in modo da favorire nel miglior modo possibile la transizione dalla situazione attuale ad una situazione futura diversa da quella attuale.
Nella seconda parte di prossima pubblicazione:
Il clima che cambia in Italia e i problemi che si pongono