Cominciamo con il riferire un punto importante: le rilevazioni sulla grandezza dei ghiacci polari, iniziano a partire dall’anno 1979, ovverosia quando sono stati lanciati gli appositi satelliti in grado di misurare con accuratezza la superficie occupata dai ghiacci.
Niente sappiamo sul comportamento dei ghiacci antartici ed artici negli anni precedenti, il database disponibile è piuttosto limitato, e sicuramente non significativo dal punto di vista statistico, se consideriamo un periodo di tempo molto più lungo, dell’ordine dei 100, o dei 1000 anni.
Non sappiamo, per esempio, quale era l’estensione di tali ghiacci durante la “Piccola Età Glaciale”, o durante il periodo di caldo medievale, anche se è intuibile la loro maggiore o minore arretratezza, e qualche prova glaciologica o morfologica è possibile comunque ritrovarla.
Comunque, limitandoci al periodo considerato, dal 1979 ad oggi, notiamo che sono stati infranti due record.
Il primo riguarda il nostro Polo Nord, il quale sta presentando il suo minimo storico di espansione dei ghiacci estivi, che occupano una superficie di appena 2,92 milioni di kmq, addirittura il 27% in meno del precedente record che risaliva a due anni fa. In questa situazione si inseriscono le notizie dell’apertura del “mitico” passaggio a Nord Ovest, la via più corta per raggiungere l’Asia dall’Europa passando appunto per il Mar Glaciale Artico.
Il secondo riguarda invece il record di espansione dei ghiacci nell’Emisfero Sud, con una superficie occupata di 16,26 milioni di kmq, ovverosia l’1,4% in più del precedente limite.
Se si osservano le curve di tendenza, notiamo un’impressionante diminuzione dei ghiacci al Polo Nord, particolarmente rapida a partire dagli anni Duemila, mentre al contrario la curva della superficie dei ghiacci Antartici presenta una leggera risalita verso l’alto.
Tuttavia, spiegare il perché di questa vistosa anomalia tra i due emisferi, non è semplice.
Anzitutto il primo fattore da considerare è il Global Warming, che è compatibile con una riduzione dei ghiacci estivi del Polo Nord.
Ma, per il fatto proprio di essere “globale”, dovrebbe anche interessare l’Emisfero meridionale, e gli effetti dovrebbero comparire anche sul Polo Sud.
Negli anni scorsi si sono lanciati anche troppi allarmi sul possibile scioglimento dei ghiacci antartici, sul distacco di piattaforme di ghiaccio gigantesche, e sul possibile aumento del livello del mare fino a sommergere le coste di tutto il Mondo.
L’attuale situazione dimostra invece che i ghiacci antartici stanno godendo di ottima salute.
L’Inverno appena trascorso non è stato particolarmente freddo, sul Continente Antartico, anzi, i dati indicano una certa mitezza.
Ma ripetute invasioni di aria fredda si sono invece verificate alle latitudini medie dell’Emisfero meridionale, con un inverno certamente storico per il freddo e la neve sull’America Meridionale, ove le ondate hanno raggiunto perfino latitudini tropicali.
Probabilmente la massima espansione dei ghiacci è dovuta proprio a queste ripetute e prolungate invasioni di aria fredda verso nord.
Stando alla teoria del GW, la calotta polare antartica potrebbe, almeno inizialmente, godere dei benefici di un clima più mite ed umido, con un relativo incremento delle nevicate, il che potrebbe teoricamente incrementare la superficie dei ghiacciai.
Tuttavia, in questo caso, stiamo parlando della superficie dei ghiacci marini, che risentono esclusivamente delle basse temperature e non delle eventuali maggiori nevicate che si fossero verificate sulla terraferma.
Un’altra teoria è quella astronomica.
Sappiamo che la Terra gira attorno ad un asse, la cui inclinazione varia periodicamente secondo un ciclo regolare.
Più alta è l’inclinazione, maggiore o minore è la radiazione solare che raggiunge i due emisferi del nostro Pianeta.
Inoltre, c’è un ciclo regolare di variazione dell’orbita terrestre legato all’influenza gravitazionale degli altri pianeti, per cui l’orbita della Terra attorno al Sole passa da essere ellittica ad essere quasi circolare.
Attualmente, la Terra presenta l’Estate del nostro emisfero lontana dal Sole, e l’inverno vicino al Sole, per cui teoricamente i inverni nostri sono mediamente più caldi e più corti rispetto a quelli dell’Emisfero meridionale, che presenta invece la stagione invernale nel momento in cui è più lontana dal Sole, ed ha un semestre freddo più lungo di due giorni rispetto al nostro.
Quindi, gli inverni australi sono mediamente più freddi di quelli boreali per un effetto astronomico, tuttavia qui si parla di cause intrinseche della durata di migliaia di anni, mentre non spiegano gli effetti sul brevissimo termine.
Infine, occorre considerare che il riscaldamento interessa maggiormente la terraferma rispetto ai mari, e, nell’Emisfero meridionale, il mare prevale come superficie globale rispetto alla terra.
Questo può essere una causa di rallentamento degli effetti del Global Warming nell’emisfero sud.
Si possono a tal proposito esaminare le temperature globali misurate via satellite, e le loro anomalie a partire dal 1979.
Notiamo che l’Emisfero Nord sta risentendo del riscaldamento atmosferico molto più di quello Sud.
Il Mondo ha attualmente un trend di crescita termico piuttosto limitato, di appena +0,06°C per decennio.
Tuttavia, mentre ogni dieci anni la temperatura dell’Emisfero Nord si incrementa di un decimo di grado circa, (per la precisione di +0,12°C), quella dell’emisfero meridionale è stazionaria, il trend decennale è di 0,00°C.
Il Polo Nord, in particolare, ha un trend di risalita termica elevato di +0,21°C, mentre il Polo Sud è in fase di raffreddamento, con un trend termico di -0,16°C.
La comprensione delle cause di questa discrasia tra i due emisferi non è chiara.
Probabilmente in parte vi sono cause umane (la maggiore urbanizzazione ed industrializzazione del nostro Emisfero porterebbe ad un trend di riscaldamento), ed in parte naturali (la maggiore estensione della superficie acquea nell’Emisfero Sud, o alcuni meccanismi ancora sconosciuti di ridistribuzione del surplus di calore da parte delle correnti oceaniche).
Le cause definitive, comunque, sono ben lungi dall’essere comprese, anzi, la situazione sta anche creando imbarazzo (ma anche nuovi stimoli per la ricerca), tra la comunità degli scienziati.