Parte prima
Tutto parte alla fine degli anni ’70 quando la Russia decise di rendere fertili i milioni di ettari delle distese pianeggianti in area russo asiatica.
Il piano strutturato in 25 anni prevedeva, attraverso un processo quinquennale, oltre la bonifica delle terre, la deviazione del corso di molti fiumi tra i maggiori. Tale progetto, in parte compiuto e realizzato nel 2000, ha arrecato un non trascurabile dissesto nell’equilibrio orografico/atmosferico.
Nella prima fase, il piano sopra citato prevedeva, che tra il 1979 e il 1984 vi fosse una spesa stanziata di oltre 45.000 milioni di rubli, attraverso una politica che “necessitava” di oltre 10 milioni di ettari bonificati ed irrigati per la prima volta.
Un progetto di così enorme respiro che portò delle non indifferenti conseguenze e problemi non trascurabili.
Il livello del lago Aral scese di quasi due metri, causa la necessità di prelevare acqua dolce per irrigare i campi dell’Asia centro occidentale, con conseguenze non pianificate che portarono ad un marcato impoverimento dei corsi Amu Darya e Syr Daraya. Anche il livello del mar Caspio scese in maniera considerevole, a causa dell’enorme quantità d’acqua prelevata dal fiume Volga per l’irrigazione.
I responsabili, gli artefici di questa bonifica, non si resero conto a quali danni potevano andare incontro circa il dissesto idrogeologico.
A tutto ciò si aggiunse, in epoca molto più recente, quello circa l’effettuazione del progetto di deviare il corso dei fiumi Ob’ e Yenisei fino a ricongiungersi al lago Aral, passando attraverso le steppe del Turgay ed andando a rifornire d’acqua il Kazakhistan.
Una totale e “scellerata” azione di bonifica che, sebbene i dettagli siano ancora nascosti, ha portato ad un mutamento climatico non certo di poco conto.
Nel giro di dieci anni, dal 1980 al 1990, si è ridotta notevolmente la piovosità (precipitazioni) che nella fattispecie della Russia euro asiatica, durante il periodo invernale, ha significato una riduzione marcata delle precipitazioni nevose. Elemento fondamentale, oltre il raffreddamento del suolo, per permettere ed enfatizzare il “fenomeno Albedo”.
Molte di dette aree non riescono più a raffreddarsi in maniera costante e stabile, per una netta diminuzione delle precipitazioni, mediamente nevose.
Da qui, molti osservatori del clima, hanno dedotto che, tramite questo “sconclusionato” piano di bonifica, tale fenomeno che in passato dava origine a robusti anticicloni termici, attualmente si è nettamente ridimensionato tra il settore asiatico e quello europeo.
Uno dei motivi pare proprio questo: graduale “regressione” dell’HP asiatico dalla sede europea a favore di una netta e crescente attività, per compensazione, del suo “antagonista”: HP dinamico delle Azzorre.
Dobbiamo quindi pensare, Corrente del Golfo a parte, che i mutamenti climatici sono in essere già da tale data. L’anticiclone “atlantico”, quasi sicuramente, “gestirà” il tempo nell’Europa centro occidentale.
Un probabile “Addio” a quella figura barica da tanti invocata durante il semestre freddo.
Purtroppo volgiamo lo sguardo, puntando il dito verso “nuove teorie”; mentre dei danni irreversibili si sono già ampiamente insinuati nel nostro clima.
Parte seconda
Molti dettagli sono ancora piuttosto “non codificabili” e si mostrano molto precari nella loro lettura a distanza di anni.
Un certo Dr. P. Micklin, noto docente universitario americano, ha riesaminato i dati giunti dall’Unione Sovietica e rielaborato una teoria che ha messo a fuoco la strategia della grande Russia.
E’ sulla base delle deduzioni scientifiche di questo grande esperto del clima che, siamo in grado di intercettare, come e verso quale direzione questo progetto quinquennale si sta muovendo e si muoverà.
Un centinaio di istituti sovietici, dopo la caduta dell’ U.R.S.S., stanno effettivamente testando, su scala molto ampia, le implicazioni circa le deviazioni dei fiumi e le attuate, in parte, operazioni di bonifica.
In effetti lo stesso Micklin viene a conoscenza che anche nella attuale Repubblica Russa vi è un aspro dibattito (fonte 1999) circa l’effetto pratico che potrebbe avere sull’intero ambiente tale “bonifica”.
Questo limite, precedentemente sottostimato per mancanza di dati concreti, mostra attualmente degli indici di alta pericolosità.
Le autorità russe, nonostante questo campanello d’allarme, per procedere ad una veloce crescita economica, sono fermamente decise nel procedere e portare a compimento questo progetto (da compiersi in 25/30 anni).
In effetti già da questo secolo, quando sarà portato a termine l’impianto dello Yenisei, ben oltre 85 km3 all’anno di acqua potrebbero seguire un diverso percorso rispetto a quello già molto “importante” del decennio precedente. Stimato in 35 km3. Oltre un raddoppio!
Alcuni impianti funzionanti dell’Ob e dello Yenisei sono in piena operatività, come ad esempio il canale Irtysh-Karagancha, della lunghezza di oltre 500 km, il quale alimenta di acqua le terre vergini del Kazakhistan. Oltremodo tale “impegno” sarà esteso verso il Dzhezkazgan per rifornire nuove e importanti aziende agricole ed innumerevoli impianti di moderna concezione industriale. Praticamente da una totale “normalità” è in piena fase di completa “trasfigurazione”.
E’ quindi fuori discussione, politica o sociale, che questi piani su base quinquennale abbiamo delle importanti e fondamentali ripercussioni ambientali all’interno dell’area di “deviazione”, con ripercussioni di non poco conto sul clima di una vastissima zona.
Essi indicano infatti una progressione, fissata dallo sviluppo economico, oltremodo fuori progetto e nettamente oltre maniera.
Il fattore “clou” è sempre rappresentato dal ruolo dei percorsi idrici, di grande portata. Questo è uno dei campanelli dall’allarme per il quale, l’équipe del CRU, è coinvolta ed interessata a tale progetto.
Ruolo chiave rivestono soprattutto il fiume Ob’ e lo Yenisei, nell’attuale potenzialità di “mantenimento” dei ghiacci del Mar Glaciale Artico.
La naturale esistenza di un mare “ghiacciato”, secondo il parere unanime di molti climatologi, rappresenta la giusta chiave di lettura circa il mantenimento dello schema inerente le aree glaciali ed interglaciali, che hanno caratterizzato la storia climatica terrestre negli ultimi milioni di anni.
La salinità dell’Oceano Artico, nei suoi strati superiori, è inferiore a quella registrabile, per questioni di peso specifico, a quella degli strati che si differenziano a profondità molto più elevate.
Anche se l’acqua dolce tende a congelarsi molto prima e più facilmente di quella con maggior concentrato di sale, non più è certo dopo tali dissesti, che questo meccanismo possa mantenere l’Artico gelato.
Piuttosto, la bassa densità delle acque di superficie rende possibile che si estendano, come un insolito coperchio, sulle acque sottostanti molto più dense, impedendo anche alle acque più temperate di raggiungere la superficie e ghiacciarsi perdendo calore.
Se analizziamo il comportamento della temperatura, tra la superficie e quella relativa a 500 mt. di profondità, possiamo notare che, l’aumento di salinità produce un relativo incremento della densità 15 volte maggiore della diminuzione di densità provocata dall’aumento di 4°C, circa, della T. alla stessa identica profondità.
Pertanto la legge fisica che stabilisce che “un fluido caldo tende a salire verso l’alto”, si può solo applicare quando tutti i fattori rimangono invariati; il che certamente non avviene con il Mar Artico.
C’e’ pertanto una diretta connessione con detti piani quinquennali che stanno producendo una netta inversione tra la temperatura provocata dalla salinità nelle acque di superficie che sono più fredde ma meno salate.
Un chiaro “sconvolgimento” di come, solitamente in fisica, si manifestino i movimenti dei fluidi.
Questa teoria, attraverso una sommaria ricostruzione politico/sociale, non vuol essere “pollice verso” verso una singola nazione; ma elemento di riflessione circa la totale impossibilità di osservare un fenomeno in maniera assolutamente interdipendente e non riconducibile ad altri fattori assolutamente non trascurabili.
Autore Antonio Pallucca
Gli articoli originali a firma di Antonio Pallucca pubblicati in marzo sul MeteoGiornale si trovano ai seguenti indirizzi:
https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=7881
https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=7896