Siamo giunti ormai nel cuore della primavera e le Alpi, ma anche gli Appennini, sono ancora pieni di neve. Una manna per gli operatori turistici che hanno potuto sfruttare le festività pasquali per un allungamento della stagione sciistica, che chissà non si prolunghi addirittura fino al ponte del 25 aprile. Non è troppo raro che accada, ma quest’anno la neve caduta in montagna già durante l’inverno è davvero straordinaria. Le località alpine di media alta quota hanno visto una frequenza ed intensità di nevicate davvero insolita. Anche durante il mese di gennaio, assai mite, le perturbazioni scaricavano comunque, alle quote montane, ingenti quantità di neve. Il mese di marzo è stato particolarmente freddo e perturbato e ha contribuito ulteriormente all’accumulo di neve in montagna.
Ma che effetti avrà questa ingente quantità di neve sui ghiacciai? Sappiamo purtroppo l’agonia a cui da alcuni decenni sono sottoposti i ghiacciai alpini. Dopo il massimo raggiunto alla fine della Piccola Era Glaciale, quindi verso la fine del XIX secolo, è iniziata la ritirata, che è stata particolarmente rapida negli ultimi 30 anni a causa dell’aumento delle temperature, fenomeno noto con il nome di Global Warming. Global Warming che non ha risparmiato le Alpi, che hanno visto dunque una riduzione drammatica delle lingue glaciali.
Ma quali effetti potrà avere quest’anno l’enorme quantità di neve accumulata sulla ritirata estiva dei ghiacciai? Molti studi affermano che per il mantenimento dei ghiacciai è molto più importante avere un’estate fresca con nevicate ad alta quota, piuttosto che abbondanti nevicate tra l’inverno e la primavera. Più importanti sono le nevicate autunnali e d’inizio inverno, in quanto il manto nevoso ha modo di compattarsi e di ghiacciare, ma le nevicate primaverili, se seguite da un’estate calda, con pioggia anche in alta montagna, sono poco significative.
L’importante quindi sarà per le Alpi poter godere di una stagione estiva non troppo lunga e non troppo calda, in modo che gli accumuli nevosi possano almeno in parte permanere fino all’autunno e allora sì creare un nuovo substrato nevoso in grado col tempo di incrementare la massa glaciale.
L’ultimo periodo di breve avanzata dei ghiacci alpini vi fu tra gli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, quando guarda caso vi furono una serie di stagioni estive piuttosto fresche. No, non era un caso.