Viene celebrata ogni anno dal 1995, in tutto il Mondo, una giornata di sensibilizzazione sull’estensione del degrado ambientale in vaste regioni densamente abitate, che negli anni presentano segni premonitori di desertificazione.
Secondo gli studiosi, che oggi presentano l’argomento in Convegni e Dibattiti, le regioni più colpite in Italia sono la Puglia con il 60% di superficie vulnerabile, la Basilicata con il 54%, la Sicilia 47%, la Sardegna 31%. In queste regioni sono notevoli i processi di degrado dei suoli, tipici dell’area del Mediterraneo, tra cui i più importanti e diffusi sono l’erosione idrica ed eolica, il passaggio da periodi asciutti e caldi a quelli molto piovosi.
Desertificazione per l’Italia non significa che piove meno, ma perdita di quegli elementi che rendono fertile il suolo, con un trend per vaste aree di impoverimento della copertura di vegetazione.
Effettivamente, le regioni menzionate escono da una serie di stagioni piovose, eppure, a detta delle analisi effettuate, i danni ambientali anno dopo anno crescono. Ma allora cosa fare?
L’uomo, con grandi opere, può strappare terreni dal vero Deserto, gli Egizi ce lo insegnano, così anche i vicini popoli tra Libia, Tunisia e Algeria che hanno il Sahara in casa, e vi coltivano la terra. Oppure gli israeliani.
Tuttavia, la desertificazione italiana è una problematica poco rilevante, se confrontata con diverse regioni ed interi Stati del Pianeta, in Africa il 73% delle terre aride coltivate sono a grave rischio desertificazione.