Come ormai è ben noto, il panorama scientifico è diviso da chi ritiene in atto o imminente l’alterazione del clima terrestre per “L’Effetto Serra” antropico e chi porta avanti la teoria che i cambiamenti climatici in corso sono dovuti a cause naturali e si sono sempre manifestati.
Gli interessi consolidati delle grandi lobbies industriali, specie americane, cercano di negare l’influenza delle attività umane nei recenti cambiamenti climatici, ma vari ed autorevoli enti americani, come il CDIAC, hanno visioni differenti.
Il dibattito è aperto, quotidianamente vengono portate avanti prove pro e contro la teoria dell’Effetto Serra, ma chi avrà ragione?
I cambiamenti climatici sono causati da un insieme di fattori; per alcuni microclimi delle grandi aree urbane l’intervento umano è un’evidenza molto forte, mentre su scala globale le cause naturali potrebbero essere proponderanti.
In futuri articoli cercheremo di evidenziare ampiamente le varie teorie.
In questo articolo ci occupiamo della notizia diffusa in Italia dal giornale scientifico “Le Scienze” che cita a sua volta la fonte americana della notizia “Journal of Climate”. Orbene lo scienziato Philippe Huybrechts della Libera Università di Bruxelles, in collaborazione con i colleghi belgi e tedeschi, hanno esposto al convegno dell’European Geophysical Society recentemente svoltosi a Nizza i dati di una loro ricerca che si basa sui risultati di un modello climatico.
La ricerca ipotizza che entro il 2080 il riscaldamento globale in atto (provato da tutte le ricerche) porterebbe un aumento sensibile della temperatura della Groenlandia dove avverrebbe un consistente scioglimento dei ghiacciai. Le stime del riscaldamento sembrano accettabili, se confrontate con talune apparse negli ultimi anni; si tratta di circa 4°C.
Questo comporterebbe un innalzamento di ben 5 cm delle acque marine terrestri e una sensibile diminuzione, per altro già riscontrata nell’ultimo trentennio, della salinità dell’Atlantico Settentrionale.
Sarebbe la fase limite che finirebbe per determinare la temuta sospensione di quei processi che “sviluppano” le acque calde della Corrente del Golfo (a tal proposito si suggerisce vivamente la lettura dell’articolo didattico presente sul Meteo Giornale) che mitigano gli inverni dell’Europa settentrionale fino alle Isole dell’Artico Europeo.
Il modello matematico stima una diminuzione della temperatura media (si parla di valori consistenti, il calo indicato sarebbe quello della temperatura media annua, i valori invernali subirebbero un crollo termico anche di 10°C) di circa 3°C sull’Europa settentrionale e di ben 5°C sul Canada Orientale.
Al processo di raffreddamento e di blocco della Corrente del Golfo, come detto conseguirebbe un forte raffreddamento, che porterebbe un successivo raffreddamento anche del clima della Groenlandia. Questo fa supporre solo un blocco temporaneo della Corrente del Golfo, dato che la successiva nuova diminuzione della salinità favorirebbe la ripresa di quei processi che sono alla sua origine.
La scala temporale del susseguirsi degli eventi sarà comunque molto lunga (sul metro della durata media della vita dell’uomo), solo i più fortunati tra noi avranno maniera di osservare inverni ostili come quelli della Piccola Era Glaciale, mentre per il ritorno a condizioni normali bisognerà attendere varie generazioni.