Con chiarezza Marco Rossi ha messo in rilievo aspetti scientifici e sociologici riguardanti l’effetto serra e le esagerazioni connesse. La fortuna di cui ha goduto il fenomeno credo derivi, in primo luogo, dalla sua semplicità concettuale.
Ma certe ‘deviazioni’ apocalittiche hanno probabilmente a che fare con la politica riguardante centri di ricerca a caccia di finanziamenti. Non va dimenticato che, con la fine della guerra fredda, negli Stati Uniti si sono ‘liberate’ enormi risorse che il Congresso destina a ricerche considerate strategiche. Durante la Seconda guerra mondiale, i consulenti del Congresso erano, in gran parte, fisici atomici; con la corsa spaziale, tecnici aeronautici; nella seconda metà degli anni Sessanta, l’incubo della guerra batteriologica portò in auge specialisti della materia. E così via, a seconda delle ‘emergenze’ che l’umanità era chiamata a fronteggiare. Il vero braccio di ferro, in America si è consumato con la lobby del petrolio: e la deriva catastrofista è servita anche a tentare di persuadere chi gestisce la borsa dei finanziamenti ad allargarne i cordoni per ricerche nel campo del surriscaldamento climatico e delle fonti di energia rinnovabili.
Negli anni, altri hanno capito che l’effetto serra poteva avere le sue convenienze. Le compagnie assicurative, per esempio, che hanno potuto alzare i premi per rischi connessi ai danni meteorologici. I partiti di ispirazione ecologista, ovviamente, perché trovando spazio sui mezzi di informazione hanno aumentato la loro rappresentatività ben oltre i risicati suffragi elettorali. E i governi europei, assertori (almeno a parole) di protocolli tipo Kyoto perché, avendo già spremuto quel che potevano in fatto di imposte sulle fonti energetiche (il divario di costo della benzina fra Europa e Stati Uniti è noto), hanno intuito che tasse ecologiche sarebbero le uniche accettabili da società dove il carico erariale è ritenuto troppo elevato.
Lo spazio dato dai mezzi d’informazione all’effetto serra è così diventato acritico, facendo il gioco di queste lobby. Anni fa feci una tesi che esaminava i comportamenti dei maggiori quotidiani italiani in relazione al fenomeno: ‘Repubblica’ era quello più aderente all’ecologismo radicale, mentre il ‘Corriere della Sera’ sosteneva le posizioni più critiche. Va notato però che, proprio nell’estate 2003, qualche certezza ha cominciato a cedere il passo. Mentre i catastrofisti mettevano avanti l’esattezza delle loro previsioni, da più parti un mondo scientifico dubbioso, per non dire scettico, ha fatto sentire la propria voce. Tant’è che oggi gli stessi quotidiani ospitano spesso voci dissonanti sull’argomento.
Filmoni come quello di Roland Emmerich perciò possono avere il pregio di stimolare ulteriori riflessioni in merito e riportare il problema in un ambito meno emotivo e meno interessato.